Da
barbare, 'mettere le barbe o radici, barbicare, attecchire radici',
dibarbare indica l'azione di 'sradicare, strappare una pianta dal suolo; svellere delle radici' (LEI, s.v.
barba, 4, 1207.1). Il verbo è att. per la prima volta in
Stat. sen., Addizioni col signif., di ambito tessile, di 'eliminare il pelo da un tessuto di lana per renderlo uniforme' (vd. TLIO s.v.
dibarbare); il signif. di 'sradicare', con rif. a una pianta, è att. per la prima volta nella
Commedia. Nella lingua trecentesca sono att. anche l'agg.
dibarbato (vd. TLIO s.v.
dibarbato), il verbo
dibarbicare (vd. TLIO s.v.
dibarbicare) e
abbarbicare (vd.), presente anche nella
Commedia. L'occ. dantesca di
dibarbare è interpretata univocamente dai commentatori (ad es.
Francesco da Buti spiega «cioè si tronca da le barbe e da le radici»). Nota Inglese,
ad l., che la rima in
-arba di
Purg. 68-70-72 (
barba /
dibarba /
Iarba) è unica nel poema.