Dal lat. tardo
bassus (LEI s.v., 5, 19-96),
basso abbraccia nell'opera dantesca varie aree semantiche, ben documentate nella produzione volg. delle Origini (cfr. TLIO s.v.
basso)
. L'agg. si riferisce alla scarsa distanza dal suolo di un piede poco sollevato da una superficie piana (
Inf. 1.30) o di un fenomeno aereo (
Par. 21.108). Le occ. relative alla spiaggia dell'isola del Purgatorio (§
1.1) fanno rif. alla posizione dei
lidi (vd.
lido, §
1.1) disposti su un piano inferiore rispetto a un punto più elevato del monte in cui si trova Dante; mentre rel. al firmamento celeste, l'occ. di
Purg. 30.5 (§
1.1 [3]) allude al
settentrione del Grande Carro, collocato nell'ottavo cielo delle Stelle Fisse e quindi più in basso rispetto all'Empireo. Come sost. occorre in
Par. 14.109 a indicare l'estremità inferiore della croce. Con valore avv. è usato in contesto fig. con rif. a una posizione gerarchica di minor grado; denota invece inferiorità intellettiva nella locuz. avv.
a basso (§
1.2.2). L'agg. definisce la prossimità al livello del mare (§
1.3) della valle infernale (
Inf. 1.61, con prob. rimando allusivo al precipitare nella rovina, vd. Malato,
ad l., e
ED s.v.), del letto dell'Acquacheta (
Inf. 1.61) e della spiaggia purgatoriale (
Purg. 1.114), oppure la vicinanza alla linea dell'orizzonte di stelle o del sole calante (§
1.4). Nel signif.
1.6 basso (att. già in
Vn 22.9-10.2) esprime largamente l'atteggiamento chino del viso, del capo o degli occhi in segno di vergogna ([1], [5]), raccoglimento ([2], [3]), stanchezza ([4]) o più propr. per il peso del macigno ([6]); come avv. è rif. allo sguardo che scende in giù (§
1.6.1). Nel Purgatorio ha il valore avv. di 'sommessamente' in rel. all'emissione della voce (§
2). In senso fig. (§
3),
l'agg. di
Purg. 12.62 è usato
in dittologia sinon. con
vile in opp. a «superbum / Ilium» (Virgilio,
Aen. III.2-3), con rif. alla raffigurazione di Troia caduta: è invece inteso da alcuni commentatori propr. «rasa al suolo» (Mattalia, Chiavacci Leonardi,
ad l.). Di connotazione spregiativa le occ. del §
3.2, dove
basso indica fig. la miseria morale, l'indegnità di una condizione o di un comportamento. Solo nell'Inferno,
basso qualifica la zona della Giudecca del nono cerchio e il
pozzo (vd.) di Malebolge per la loro estensione in senso verticale (§
5). Il
mondo basso di
Inf. 8.108 rappresenta generic. l'Inferno (per cui vd.
mondo (1)). In partic. per
basso inferno vd.
inferno. Nelle altre opere il vocabolo assume ulteriori valori propr. o trasl. Agg.: 'di umile condizione sociale' (
Conv. 2.10.10,
Conv. 4.5, 6, 10, 11, 13, 14), 'immaturo' tipico dell'età infantile (
Conv. 4.23.10:
basso stato della puerizia); avv. 'a bassa quota' (
Conv. 4.6.20).
Locuz. e fras. L'espressione
mettere in basso (affine a
condurre al basso di
Fiore 48.4) di
Purg. 17.117 (§
3.1), ripresa da
Bind. d. Scelto (vd. TLIO s.v.
basso, § 4.2.1.2), indica la riduzione da uno stato prospero a uno misero e infelice: secondo la dissertazione d'ispirazione tomistica (
Summa theol., II-II, q. 162, a. 3) di Virgilio sull'amore mal diretto, l'atteggiamento primeggiante del superbo ha come riflesso «quod ille vicinus deiiciatur a statu suo» (Benvenuto da Imola,
ad l.). La costruzione
volgere in basso di
Inf. 30.13 (§
3.1.1) ha la sua prima att. in
Carnino Ghiberti (vd. TLIO s.v.). Nel contesto dantesco, la locuz., che rimanda metaf. al precipitare della superbia dei Troiani per mano della fortuna, si rifà alla trad. classica («cecidit fortuna Phrygum», Ovidio,
Met., XIII.435; ma cfr. anche Virgilio,
Aen., III.53) e «si basa sull'immagine della
rota Fortunae che gira (
volse) destinando ora in alto ora in basso» (Bellomo,
ad l.). Tra i commentatori antichi, Benvenuto da Imola (
ad l.) chiosa: «deduxit in ruinam altam superbiam troianorum»,
Francesco da Buti (
ad l.): «arrecò a disfacimento».
Basso col signif. di (massa liquida) 'poco profonda' è poi usato nella locuz. propr. dantesca
farsi basso (
Inf. 12.124) a indicare il progressivo diminuire di profondità del Flegetonte. Anche l'uso fras. di
essere basso a (
Par. 10.46) è att. solo in Dante (§
4.1), sebbene l'attributo col senso fig. di 'limitato' sul piano intellettivo o immaginativo sia ben doc. nell'it. antico (cfr. TLIO s.v., § 2.5): l'espressione fa rif. all'umana capacità di immaginare, che si rivela insufficiente a rappresentare nella mente uno splendore che sia al di sopra della realtà sensibile. In altre opere:
mettere al basso 'umiliare' (
Fiore 76.11).
Autore: Francesca De Cianni.
Data redazione: 26.04.2021.
Data ultima revisione: 08.05.2022.