Latinismo da
statutum (DELI 2 s.v.
statuto). Il sost. è ampiamente att. nell'it. antico con partic. rif. all'ambito giuridico, ove designa l'insieme delle norme che regolano un'istituzione o una corporazione; il termine assume inoltre il signif. estens. di 'legge fondamentale derivante dalla consuetudine di una det. comunità o associazione' in opp. alla 'legge naturale' (o 'generale') rappresentata dal
corpus del diritto romano (vd.
Corpus OVI). Il termine è
hapax nella
Commedia e compare a
Par. 21.95, allorché Dante si interroga circa il motivo per cui l'anima di S. Pier Damiani sia stata prescelta per parlare con lui: la domanda chiama in causa la teoria della predestinazione che, come rivelerà l'anima beata, è un mistero anche per le intelligenze angeliche. È in questo contesto che Dante utilizza il sost. in combinazione con l'agg.
eterno, dando luogo ad un'espressione che rivela tutta l'imperscrutabile profondità della volontà divina: essa è stata accostata al concetto di provvidenza dagli antichi commenti, come ad es. Francesco da Buti (
ad l., «
de l'eterno statuto; cioè della providenzia d'Iddio») e Landino (
ad l., «nella profondità,
dello etherno statuto, i. della providentia divina»). Analoga risulta l'interpretazione di taluni commentatori moderni, che chiosano il sintagma come un'allusione esplicita alla teoria della predestinazione (Torraca,
ad l. «
L'eterno statuto; la predestinazione»; Momigliano,
ad l. «
Eterno statuto: ciò che Dio ha stabilito. È l'idea, più volte espressa, della predestinazione»), mentre altri si attengono al valore etim. del sost. (Bosco-Reggio
ad l., «
L'etterno statuto equivale a «legge eterna», per la quale tutto è ordinato e preordinato da Dio»; Chiavacci Leonardi,
ad l., «
etterno statuto: ciò che da Dio è
ab aeterno stabilito»). In questa prospettiva, il sintagma sarà con buona probabilità da accostare al precetto tomistico di
lex aeterna, intesa come suprema autorità legislatrice derivante, in maniera diretta e preordinata, dalla mente di Dio: «Sic igitur dicendum est quod
legem aeternam nullus potest cognoscere secundum quod in seipsa est, nisi solum beati, qui Deum per essentiam vident» (
Summa th., I-IIae, q. 93 a. 3, pp. 950-951).