Vocabolario Dantesco
schifo agg./s.m.
Commedia 5 (3 Inf., 2 Purg.).
Commedia schife Purg. 26.45 (:); schifo Inf. 31.122 (:); schiva Inf. 12.3 (:); schivi Inf. 26.74 (:); schivo Purg. 2.72 (:).
Venire schifo 2.
Voce d'origine germ. pervenuta attraverso la mediazione galloromanza (fr. eskif, prov. esquiv), presente in area it. negli allotropi schifo e schivo, deverbali da schifare e schivare (cfr. Nocentini s.vv. schifo 1, schivare; Cella, I gallicismi, p. 35; Viel, I gallicismi, pp. 96-98). I due allotropi ricorrono entrambi nell'uso dantesco, accomunati da un signif. che rimanda a una condizione di disgusto e avversione nei confronti di qno o qsa. Tale signif. è anche alla base dell'impiego, nel Fiore, dello Schifo come personificazione allegorica del disdegno della donna verso l'esperienza amorosa. Nella Commedia l'agg., già ampiamente att. sia in poesia che in prosa (cfr. TLIO s.v. schifo 1), ricorre sempre in fine di verso, confermando che l'alternanza fra -f- e -v- si giustifica con motivi di rima. Dal punto di vista semantico, rispetto alle occ. di Inf. 12.3, Inf. 26.74 e Purg. 26.45, riconducibili a un atteggiamento di sdegno e insofferenza, l'att. di Purg. 2.72, nel contesto di una litote («e di calcar nessun si mostra schivo», per dire che tutti accorrono), presenta una sfumatura che esprime piuttosto riluttanza e maggiormente si avvicina al signif. che, rispetto a schifo, assume schivo nell'it. moderno (cfr. GRADIT s.vv. schifo 1, schivo). Come sost. la voce ricorre solo nell'espressione venire schifo (vd. infra).
Locuz. e fras. L’espressione venire schifo, pur priva di precedenti att., si inserisce in un'ampia serie di locuz. verb. composte con il sost. schifo, del tipo  avere (a) schifo, fare, farsi schifo, ecc., assai diffuse in it. fin dalle origini (cfr. TLIO s.v. schifo 1). Il contesto della frase dantesca, «mettine giù, e non ten vegna schifo», lascia aperta la possibilità di interpretare la sequenza vegna schifo come vegn’a schifo e ricondurre quindi l'espressione al costrutto preposizionale venire a schifo. Tale lettura, avallata dalla lez. di Co, è ritenuta ugualmente accettabile da Petrocchi, ad l.
Autore: Paola Manni.
Data redazione: 18.03.2025.
Data ultima revisione: 23.03.2025.
1 Che prova sdegno (di qsa), insofferente.
[1] Inf. 12.3: Era lo loco ov' a scender la riva / venimmo, alpestro e, per quel che v'er' anco, / tal, ch'ogne vista ne sarebbe schiva.
[2] Inf. 26.74: Lascia parlare a me, ch'i' ho concetto / ciò che tu vuoi; ch'ei [[scil. Ulisse e Diomede]] sarebbero schivi, / perch' e' fuor greci, forse del tuo detto».
[3] Purg. 26.45: Poi, come grue ch'a le montagne Rife / volasser parte, e parte inver' l'arene, / queste del gel, quelle del sole schife, / l'una gente sen va, l'altra sen vene...
1.1 Riluttante, restìo.
[1] Purg. 2.72: E come a messagger che porta ulivo / tragge la gente per udir novelle, / e di calcar nessun si mostra schivo, / così al viso mio s'affisar quelle / anime fortunate...
2 Sost. Sentimento di sdegno e repulsione. Venire schifo: sdegnarsi, rincrescersi.
[1] Inf. 31.122: O tu che ne la fortunata valle / [[...]] recasti già mille leon per preda, / [[…]] mettine giù, e non ten vegna schifo, / dove Cocito la freddura serra.