Voce d'origine
germ. pervenuta attraverso la mediazione
galloromanza (fr.
eskif, prov.
esquiv), presente in area it. negli allotropi
schifo e
schivo, deverbali da
schifare e
schivare (cfr. Nocentini s.vv.
schifo 1,
schivare; Cella,
I gallicismi, p. 35; Viel,
I gallicismi, pp. 96-98). I due allotropi ricorrono entrambi nell'uso dantesco, accomunati da un signif. che rimanda a una condizione di disgusto e avversione nei confronti di qno o qsa. Tale signif. è anche alla base dell'impiego, nel
Fiore, dello
Schifo come personificazione allegorica del disdegno della donna verso l'esperienza amorosa. Nella
Commedia l'agg., già ampiamente att. sia in poesia che in prosa (cfr. TLIO s.v.
schifo 1), ricorre sempre in fine di verso, confermando che l'alternanza fra -
f- e -
v- si giustifica con motivi di rima. Dal punto di vista semantico, rispetto alle occ. di
Inf. 12.3,
Inf. 26.74 e
Purg. 26.45, riconducibili a un atteggiamento di sdegno e insofferenza, l'att. di
Purg. 2.72, nel contesto di una litote («e di calcar nessun si mostra schivo», per dire che tutti accorrono), presenta una sfumatura che esprime piuttosto riluttanza e maggiormente si avvicina al signif. che, rispetto a
schifo, assume
schivo nell'it. moderno (cfr. GRADIT s.vv.
schifo 1,
schivo). Come sost. la voce ricorre solo nell'espressione
venire schifo (vd.
infra).
Locuz. e fras. L’espressione
venire schifo, pur priva di precedenti att., si inserisce in un'ampia serie di locuz. verb. composte con il sost.
schifo, del tipo
avere (a) schifo,
fare,
farsi schifo, ecc., assai diffuse in it. fin dalle origini (cfr. TLIO s.v.
schifo 1). Il contesto della frase dantesca, «mettine giù, e non ten vegna schifo», lascia aperta la possibilità di interpretare la sequenza
vegna schifo come
vegn’a schifo e ricondurre quindi l'espressione al costrutto preposizionale
venire a schifo. Tale lettura, avallata dalla lez. di Co, è ritenuta ugualmente accettabile da Petrocchi,
ad l.
Autore: Paola Manni.
Data redazione: 18.03.2025.
Data ultima revisione: 23.03.2025.