Prima att. , ma come topon. ricorre a partire dalla fine del sec. XIII (cfr.
Corpus OVI). Dal lat.
scala, forse attraverso la forma intermedia *
scaleria per il classico
scalaria (cfr. GDLI s.v.
scalea); un'ipotesi diversa è in Viel,
I gallicismi, pp. 297-298. Nell'occ. di
Inf. 26.13, con
scalee (in rima con
dee e
mee) si indica la conformazione geologica a gradoni sulla quale si arrampicano Dante e Virgilio per raggiungere l'ottava bolgia, analogamente al signif. che assume la voce
scaleo (vd.) a
Purg. 15.36, rif. al percorso che conduce alla terza cornice. A
Purg. 12.104 la voce
scalea è invece rif. alla gradinata in pietra costruita per rendere più agevole la salita verso l'abbazia fior. di San Miniato; cfr. Pietro Alighieri (red. III)
ad l., che valorizza l'uso fior. del vocabolo in relaz. a quella specifica scalinata («super quo colle posita est ecclesia Sancti Miniati, quos dictos tales gradus Florentini vocant
scaleas»). Cfr. inoltre l'uso di
scalea, con rif. rispettivamente allo scalone di San Miniato, di Santa Croce e della Badia, in
Giovanni Villani (ed. Porta), nella
Cronica di Matteo Villani e nel
Trecentonovelle di Franco Sacchetti (cfr. TLIO s.v.
scalèa;
Corpus OVI). Per l'occ. di
sacre scalee a
Par. 32.21 cfr.
Locuz. e fras. Da ricordare, a conferma della fiorentinità della voce, il proverbio tipicamente fior. del
fare le scalee a Sant’Ambrogio ('sparlare di qualcuno che ha appena lasciato la compagnia'), che secondo Benedetto Varchi deriverebbe dall'usanza di sedersi in gruppo a chiacchierare sulla scalinata antistante la chiesa (cfr. Varchi,
Hercolano, I, p. 438 e II, pp. 607-608; GDLI s.v.
scalea, § 5).
Locuz. e fras. Nell'occ. di
Par. 32.21 le
sacre scalee (in rima con
Ebree e
fée) costituiscono le gradinate di quella sorta di cavea di anfiteatro in cui si struttura la
candida rosa.
Autore: Francesca Spinelli.
Data redazione: 05.12.2023.
Data ultima revisione: 25.03.2024.