Vocabolario Dantesco
rannicchiare v.
Commedia 1 (1 Purg.).
Commedia rannicchia Purg. 10.116.
Prima att. Da nicchio (DELI 2 s.v. rannicchiare), il verbo ricorre esclusivamente a Purg. 10.116, dove ha valore causativo: la «grave condizione» che tormenta le anime dei superbi, infatti, li fa rannicchiare, cioè fa sì che debbano piegare il corpo, avvicinando il petto alle ginocchia, per sostenere il peso (il «pondo», fisico e insieme morale, di Purg. 11.26; vd. pondo) dei macigni che, per contrappasso, gravano su di loro. Spiega efficacemente il verbo ad es. Vellutello (ad l.), che chiosa: «rannicchiare si è stringersi, e raccorsi tutto in un gruppo, come il Poeta vuol inferire, che facevano queste anime sotto i gravi pesi, e è per similitudine da' nicchi, o siano cappe, che si raccogliono, e restringonsi, come la lumaca, dentro da le case loro». Nel Trecento il verbo, oltre che nei commenti danteschi, è att. in Piero de' Crescenzi volg., ma col signif. estens. di 'diminuire di volume, ridursi' (cfr. TLIO s.v. rannicchiare).
Autore: Chiara Murru.
Data redazione: 26.04.2021.
Data ultima revisione: 22.07.2021.
1 Far contrarre e piegare qno facendo sì che la sua schiena si pieghi e che il petto si avvicini alle ginocchia.
[1] Purg. 10.116: Ed elli a me: «La grave condizione / di lor tormento a terra li rannicchia, / sì che ' miei occhi pria n'ebber tencione.