Att. solo nella
Commedia e nei commentatori. Il parasintetico dal personale
lei è
neoformazione dantesca. L'utilizzo del vocabolo è possibile esclusivamente con rif. a un terzo (diverso dal parlante e dall'interlocutore) e, in senso proprio (non documentato ma ricostruibile sulla scorta di
inmiare e
intuare [vd.]), indica l’atto di identificarsi in qno (indicato con un nome di genere femminile) conoscendone pensieri e sentimenti come fossero i propri. Nel luogo dantesco in questione il verbo, rif. a «l'ultima salute» v. 124, cioè a Dio, e considerato nel contesto paradisiaco, corrisponde al signif. di
indiare (vd.), cui si rimanda per una nota circa la semantica e il sostrato dottrinale delle neoformazioni dantesche citate. Diversamente da
indiare e
inluiare (che hanno come sogg. gli angeli e le anime beate),
inleiare (sogg. Dante, in anima e corpo) conta anche il tratto della gradualità: il verbo ha valore incoativo, come la maggior parte dei parasinteti formati con
in- (Tollemache in ED s.v.
parasinteti, p. 491) e suggerisce l'idea della «metamorfosi» (Contini,
Un'idea, p. 200) che, nella progressione paradisiaca, coinvolge il poeta, il quale per gradi fa più
chiare e
acute le sue
luci (cfr. v. 126), fino a superare il limite dell'umano per grazia divina (cfr.
Par. 33.25-36 e
Mon. 3.16.7), avvicinando il suo modo di vedere e di partecipare della divina essenza a quello delle intelligenze angeliche e delle anime beate che sono nel cospetto di Dio (cfr.
Ep. 13.78; sul problema della visione di Dio
per essentiam da parte dell'uomo in vita negata da Tommaso d'Aquino – ma vd. Tommaso,
Super Sent., lib. 4 d. 49 q. 2 a. 7 –, cfr. almeno Torell,
La vision; sulla possibilità di una matrice averroistica, mediata dal pensiero di Sigieri di Brabante o di Alberto Magno, cfr. almeno Gagliardi,
Dante e Averroè, Nardi,
Sigieri e id.,
Mistica averroistica, in partic. pp. 136-139).
Autore: Francesca De Blasi.
Data redazione: 27.09.2018.
Data ultima revisione: 30.04.2019.