Commedia |
impola Par. 22.67 (:). |
Att. solo nella
Commedia e cit. nei commentatori. Formazione parasintetica su
polo (vd.), con
in- illativo, di prob.
matrice dantesca (cfr. Di Pretoro,
Innovazioni lessicali, p. 16; Serianni,
Echi danteschi, p. 295). Il verbo è impiegato da San Benedetto con rif. all'«ultima spera» (v. 62), l'Empireo, la quale è tutta racchiusa nella «Prima Mente» (
Conv. 2.3.11) e non ha pertanto alcuna dimensione fisica: «non si muove, perché non sottogiace a luogo;
non s'impola, cioè non si gira sovra i poli, come fano le altre, et non girandosi non sottogiace a tempo» (Daniello,
ad l.; cfr. anche
Par. 27.109-110; Nardi,
La dottrina dell'Empireo). Il
polo è dunque fra gli elementi indispensabili alla rotazione delle sfere, come già rilevano i commentatori aristotelici (es. Tommaso,
Phys., IV, 6: «[
scil. totus corpus sphaericum caeli] habet fixionem et immobilitatem centri et polorum») e come ribadisce Dante stesso in
Conv. 2.3.13: «Ed è da sapere che ciascuno cielo di sotto al Cristallino ha due poli fermi quanto a sé...». Il valore che il termine
polo riveste nel sistema scientifico di rif. (cfr. anche ED s.v.
polo) si trasferisce alla formazione verb. dantesca, che viene così ad acquisire un'accezione tecnica molto marcata, che dà conto efficacemente di una differenza sostanziale fra l'Empireo e le sfere mobili. Dopo Dante e fuori del circuito esegetico del poema,
impolare riaffiora in occ. rare e isolate a partire dalla fine del sec. XV, sebbene applicato ad ambiti tutt'altro che metafisici (è att., per es., in Leonardo da Vinci; cfr. GDLI s.v.
impolare).
Autore: Barbara Fanini.
Data redazione: 22.05.2019.
Data ultima revisione: 17.07.2019.