Vocabolario Dantesco
dattero s.m.
Commedia 1 (1 Inf.).
Commedia dattero Inf. 33.120.
Riprendere dattero per fico 1.
Dal lat. dactylum (cfr. DELI s.v.), la prima att. è in Bonvesin, Volgari (cfr. TLIO s.v. dattero).
Locuz. e fras. L’espressione metaforica riprendere dattero per fico (vd. fico), che si richiama al contesto conviviale in cui avvenne il delitto compiuto da Alberigo dei Manfredi quando il banchetto era giunto alla frutta, assume signif. proverbiale (cfr. anche TLIO s.v. dattero). Si tratta di una traduzione «in frutta» dell'espressione «pan per focaccia» (cfr. Inglese ad l.). La percezione della formularità è già nei commentatori antichi: nelle Chiose Selmiane si spiega «dove frate Alberigho dicie a Dante, che ricieve dactaro per ficho, vuole dire che così come egli à meritato, così ricieve pene e tante più quanto el dattaro è migliore che 'l ficho». Guglielmo Maramauro classifica l’espressione come una fredura: «idest del tradimento, de le quale esso frate prende cambio in questa fredura: de fiche, datari, idest per contrario». Francesco da Buti chiosa: «cioè ricevo pena del tradimento ch'io feci». L’espressione è ripresa in Fazio degli Uberti, Dittamondo, c. 1345-67 (tosc.): «qui non tel dico; / ma io ti conterò, ché nol sai forsi, / come Dio rende dattaro per fico».
Autore: Veronica Ricotta.
Data redazione: 27.09.2017.
Data ultima revisione: 22.07.2019.
1 [Bot.] Frutto della palma, assai ricercato per la dolcezza. Riprendere dattero per fico: ricevere ciò che si merita (una pena adeguata alla colpa).
[1] Inf. 33.120: Rispuose adunque: «I' son frate Alberigo; / i' son quel da le frutta del mal orto, / che qui riprendo dattero per figo».