Lat. mediev.
vassallus (DELI 2 s.v.
vassallo). Il sost. - ampiamente att. nell'it. antico nel signif. propr. del lessico feudale di 'chi è soggetto a un signore avendo giurato fedeltà in cambio di protezione' (vd. TLIO s.v.
vassallo, 1) - ricorre per la prima volta nel
Sermone di Pietro da Bascapè, datato 1274 e di area lomb., ove vale estens. 'chi svolge mansioni, spesso di carattere umile, alle dipendenze di un privato, di un datore di lavoro o di un signore' (vd. TLIO s.v.
vassallo, 2). Con un signif. simile a quest'ultimo,
vassallo ricorre a
Inf. 21.55, nel contesto di una metaf.: nella quinta bolgia dell'ottavo cerchio, in cui sono puniti i barattieri, Dante osserva un diavolo afferrare con i suoi artigli uno degli anziani di Santa Zita e gettarlo nella pece bollente con la collaborazione dei Malebranche. Questi diavoli, per trattenere e pungolare il corpo del peccatore immerso nel liquido nero, lo infilzano con bastoni uncinati; sicché Dante li paragona ai
vassalli di un cuoco - ossia ai suoi 'sguatteri' nel senso di 'servi' (vd. Chiavacci Leonardi,
ad l.): vd. l'accezione estens. att. nell'it. antico in TLIO s.v.
vassallo, 2 - incaricati di assicurarsi che i pezzi di carne restino completamente a mollo all'interno della pentola senza tornare in superficie. Tra gli antichi commentatori, Benvenuto da Imola e
Francesco da Buti si soffermano sul signif. del sost. impiegato da Dante e ne colgono il senso, interpretandolo rispettivamente come «ministris coquinae» e come «servi e guatteri» dei cuochi. Il sost. nell'acc. dantesca è scarsamente att. sia nella trad. letteraria successiva alla
Commedia (vd. GDLI s.v.
vassallo) sia nell'it. contemporaneo, ove il lemma nell'accezione dantesca è registrato come obsoleto, ma il suo signif. estens. di 'chi è strettamente dipendente dalle volontà o dalle decisioni altrui' è registrato come comune (vd. GRADIT s.v.
vassallo, 3).
Autore: Francesca Carnazzi.
Data redazione: 10.09.2024.
Data ultima revisione: 21.12.2024.