Vocabolario Dantesco
sempiternare v.
Commedia 1 (1 Par.).
Commedia sempiterni Par. 1.76 (:).
Prima att. Per la distinzione fra l'eternità propria di Dio e l'eternità creata, che quindi ha un inizio ma non ha una fine, cfr. la voce insemprare. L'agg. sempiterno in Dante è usato col senso di 'che dura in eterno', 'che non avrà fine', con rif. a cose che hanno avuto un inizio nel tempo. Il deaggettivale sempiternare è rif. alla rota, generic. 'il cielo', che si muove di moto continuo e uniforme. In Conv. 2.14.12 Dante «introduce una credenza sull’età del mondo che non appartiene certo alla speculazione naturalistica aristotelica ma piuttosto al modello cristiano di storia della salvezza: esso individua nel percorso del mondo e dell’uomo un principio (la creazione, e soprattutto la creazione dell’uomo) ed una fine (il ritorno di Cristo giudice e, appunto, la fine dei tempi» Fioravanti). L'uso dantesco di sempiternare va messo in relazione con altri lessemi del medesimo campo semantico (vd. sempiterno a Par. 19.58 e etternare a Inf. 15.85).
Autore: Francesca De Blasi.
Data redazione: 15.04.2019.
Data ultima revisione: 04.11.2019.
1 Far durare immutabile fino alla fine dei tempi.
[1] Par. 1.76: Quando la rota che tu sempiterni / desiderato, a sé mi fece atteso / con l'armonia che temperi e discerni, / parvemi tanto allor del cielo acceso / de la fiamma del sol, che pioggia o fiume / lago non fece alcun tanto disteso.