Commedia |
ricinghe Purg. 1.94 (:). |
Deriva da
cingere (DELI 2 s.v.
ricingere), con pref. «forse più di valore intensivo che iterativo» (Viel,
«Quella materia ond'io son fatto scriba», p. 339). In
Purg. 1.94, il verbo è att. al cong. esortativo
ricinghe (per l'esito -
e da -AS, che nella
Commedia alterna con -
i (-
a), vd. Manni,
Dante, p. 103). Catone esorta infatti Virgilio a cingere Dante
d’un giunco schietto (simbolo di umiltà) come parte del rito purificatorio preliminare all’accesso al Purgatorio: poiché al successivo v. 133 ricorre
cingere (
mi cinse) per indicare la medesima azione, è verosimile che il prefissato e il verbo semplice avessero per Dante lo stesso signif. Tra i commentatori, Benvenuto da Imola e
Francesco da Buti interpretano invece
ricingere come iter., il primo giustificando forzatamente la chiosa con il fatto che Dante sarebbe stato già cinto della corda poi gettata a Gerione prima di calarsi nelle Malebolge («bene dicit recingas, quia autor erat olim cinctus una corda nodosa, idest, fraude, qua Virgilius discinxerat eum pro capiendo Gerione»). È da osservare, tuttavia, che se nel lat. class. (e in partic. in Virgilio e Ovidio)
recingere indicava lo sciogliersi del vincolo (e cioè l’opposto del
cingere), nei testi volg. del Trecento
recingere (peraltro raro) ricorre con gli stessi valori di
cingere, e in un solo caso, a fine sec., ha sicuro valore iter.: vd. TLIO s.v.
recingere.
Autore: Fiammetta Papi.
Data redazione: 31.05.2018.
Data ultima revisione: 28.02.2019.