Purg. 11.25: rimogna Co.
Prima att. Voce dall'etimo e signif. incerti e molto discussi, per cui vd.
ED, s.v. La voce ha un'unica att. estranea al circuito dantesco, ancora in unione con l'agg.
buono, reperibile nel volg. del
Libro Jacopo da Cessole, che reca «li mandavano buone ramognie» in corrispondenza del lat. «bona precarentur» (ma la lez. non è condivisa da tutti i codici). Fin dagli inizi del Trecento è att. anche il verbo
ramognare (vd.
TLIO, s.v.), che compare, prima del corrispondente sost., nel volg. fior.
Arte Am. Ovid. (B), del 1310-1313, dove la forma
ramognerai traduce il lat. «bene dic» ('benedici'). A garanzia della provenienza fior. di
ramognare e, di conseguenza, di
ramogna, è inoltre interessante la testimonianza di Iacopo Passavanti,
Specchio (ed. Auzzas, II 126) che cita il verbo, senza esplicitarne il signif., in un passo in cui si depreca l'oscurità del «parlare fiorentinesco» attraverso una rassegna di vocaboli ed espressioni idiomatiche di difficile comprensione. Tenendo conto delle più antiche occ., Parodi,
Lingua, II, p. 283 attribuiva alla locuz.
buona ramogna il signif. di 'augurio', 'buona riuscita del viaggio', interpretazione che trova sostanziale riscontro nell'antica esegesi dantesca, dove il sost. è glossato, ma in modo non omogeneo, soprattutto da commentatori non tosc. (e comunque non fior.): vd.
Iacomo della Lana, Purg. (Rb),
ad. l.: «
ramogna propio si è
iter over viaço»; Anonimo Latino,
ad l.: «
in bona ramogna, idest in bono honore»; Benvenuto da Imola, «
orando buona ramogna, idest, bonum augurium»;
Francesco da Buti,
ad. l.: «
buona ramogna; cioè buona felicità nel nostro viaggio e nel loro:
ramogna è proprio seguir nel viaggio»; Giovanni da Serravalle,
ad. l.: «bonam ramognam, idest recommendationem, vel orationem, vel augurium, vel deprecationem».
A tale interpretazione, avallata dalla lessicografia cruscante e ancora largamente condivisa dalla critica, si affianca quella che attribuisce al termine il senso di 'purificazione'. Quest'ultima ipotesi, basata su una derivazione dal fr. antico
ramoner, 'ripulire' (da
ramus) è stata recentemente riproposta da Trigona,
Purgatorio XI, ed è accolta da Viel,
«Quella materia ond’io son fatto scriba», pp. 332-333. Un ultimo intervento si deve a Nocentini,
Ramogna, che discute dettagliatamente le tesi precedenti e propone per il verbo
ramognare la derivazione diretta da
*remundiare, var. del lat. eccl.
remundare ('ripulire', 'purificare'); il verbo avrebbe poi dato luogo al sost.
ramogna con signif. etimologico di 'purificazione', passato poi in Dante per meton. a 'benedizione', nella costr. con l'agg.
buono. Scarsa la fortuna successiva del vocabolo, ma si noti che, proprio in virtù del precedente dantesco, le lez.
rampogna e
romagnia vengono ritenute diffrazioni ed emendate con
ramogna in
Boccaccio, Rime (ed. Leporatti) in «e ·pper ramogna rendere un sonetto» (son. 116b, v. 14, responsivo a Riccio barbiere) dove il termine avrebbe il signif. di «'augurio', ma anche 'preghiera, richiesta'» (Ivi, p. 315).
Varianti. La var.
rimogna, presente solo in Co e non altrimenti att. nell'it. antico (vd.
Corpus OVI), trova sostegno in Pagliaro,
Ulisse, II, 576-578, che, pur restando nell'ambito dell'interpretazione vulgata, riconduce l'etimo primitivo del sost. al lat.
(quae)rimonia, 'lamento', ‘mormorazione’, con interpretazione di
quae- come escl. ('che ramogna!') e regolare passaggio di -NJ- a nasale palatale. Si tratterebbe, sempre secondo Pagliaro, di una voce popolare tosc. e più precisamente fior., come confermano anche le altre occ. di
ramogna e
ramognare e l'esegesi dantesca antica (vd.
Nota). Ma si veda ora Nocentini, che osserva come anche risalendo a
*remundiare si possa avere regolarmente, con passaggio di
re- a
ri-,
rimognare (e quindi
rimogna).
Autore: Sara Ferrilli.
Data redazione: 22.07.2023.
Data ultima revisione: 31.07.2023.