Vocabolario Dantesco
arcanamente avv.
Commedia 1 (1 Purg.).
Commedia arcanamente Purg. 29.120.
Att. solo nella Commedia e cit. nei commentatori. Deriva dal latinismo arcano (vd.), presente in Dante stesso come sost. Il passo in questione si rifà al mito di Fetonte (Ov., Met., II, 1-332), che Dante richiama anche in altri luoghi, fuori e dentro la Commedia (cfr. ED s.v. Fetonte e Picone, Canto XXIX, p. 454 e nota 10). Per l’uso e il signif. dell’avv., su cui insistono varie interpretazioni (cfr. ED s.v. arcanamente), si osservi anche che Apollo aveva giurato sullo Stige che avrebbe dato al figlio tutto ciò che questi avesse richiesto (Ov., Met., II, 111), e che, secondo Ovidio, «neque enim licet inrita cuiquam / facta dei fecisse deo» (ivi, III, 336-337). Dunque, Giove, in aperta contraddizione con i princìpi degli dei, ma prob. vòlto a un fine superiore (la salvezza della «Terra devota»), opta per fermare l’azione di Fetonte, dimostrandosi, con un gesto non razionalmente comprensibile, apparentemente ingiusto.
Autore: Cristiano Lorenzi Biondi.
Data redazione: 10.07.2017.
Data ultima revisione: 27.04.2018.
1 In maniera non comprensibile razionalmente e misteriosa.
[1] Purg. 29.120: Non che Roma di carro così bello / rallegrasse Affricano, o vero Augusto, / ma quel del Sol saria pover con ello; / quel del Sol che, svïando, fu combusto / per l'orazion de la Terra devota, / quando fu Giove arcanamente giusto.