Vocabolario Dantesco
approdare v.
Commedia 2 (1 Inf., 1 Purg.).
Commedia approda Inf. 21.78, Purg. 13.67.
Parasintetico dell'antico prode 'utile, giovamento', a sua volta dal lat. tardo prode, da prodest 'giova' (DELI 2 s.v. approdare 2). Non è univoca l'interpretazione dei commentatori, che in parte chiosano il verbo come 'giungere a proda': questa ipotesi è sostenuta già anticamente da Francesco da Buti, il quale spiega a Inf. 21.78 «Che li approda; cioè che cagione è che lo fa venire a questa proda della bolgia? [...] proda e ripa significano una medesima cosa; e però approdare è alla ripa arrivare e venire». Anche l'occ. di Purg. 13.67 è soggetta a diverse interpretazioni: ad es. Chiavacci Leonardi, ad l., sostiene che il signif. di 'giungere alla riva' sia il solo ad adattarsi al paragone dei versi successivi (chiosando «come ai ciechi non giunge la luce, così anche a queste ombre non giungeva il sole»). Sembra tuttavia più plausibile, anche in questo secondo contesto, il signif. di 'giovare': ai ciechi non può giovare la luce del sole (per cui Inglese, ad l., ricorda Rime 113 9-10 «Non è colpa del sol se l'orba fronte nol vede»).
Autore: Chiara Murru.
Data redazione: 02.10.2019.
Data ultima revisione: 30.06.2020.
1 Recare vantaggio (a qno), giovare.
[1] Inf. 21.78: per ch'un si mosse - e li altri stetter fermi - / e venne a lui dicendo: «Che li approda?».
[2] Purg. 13.67: E come a li orbi non approda il sole, / così a l'ombre quivi, ond' io parlo ora, / luce del ciel di sé largir non vole...