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murra, presunto relitto del sostrato mediterraneo (vd. DEI s.v. 
mora 3; per un etimo alternativo cfr. Nocentini s.v. 
mora 3). La voce, att. dalla fine del sec. XIII in documenti sen. e fior. per indicare strutture più o meno complesse fatte di sassi (cfr. TLIO s.v. 
móra 2 e 
Corpus OVI; vd. anche la doc. fornita da Michele Barbi e cit. nell'ED s.v. 
mora), ricorre a 
Purg. 3.129 con rif. alle ossa di Manfredi, le quali furono seppellite ai piedi del ponte di Benevento sotto a una «grave mora». Una parte dell’antica esegesi riconduce la voce al lat. 
moles, che indicherebbe sia un grande peso (cfr ad es. Cristoforo Landino 
ad l.: «Carlo vincitore [...] lo fece mettere in una fossa in capo al ponte, et dipoi da ciascuno de' soldati fece gittare una pietra. [...] Et 
moles è ogni somma gravezza») sia un edificio imponente, con funzione soprattutto funeraria (cfr. ancora il Landino 
ad l., qui sulla scorta di 
Francesco da Buti: «Ma 
precipue e sepolcri grandi, che faceano gli antichi, erono decti 
moles»). Queste interpretazioni appaiono però poco plausibili: essendo stato scomunicato, Manfredi non ha potuto ricevere una sepoltura degna e le sue ossa prima furono coperte da un mucchio di sassi e successivamente trasmutate e disperse sul greto del fiume Liri. Per la doc. rif. all'usanza militare di seppellire i caduti in battaglia sotto a un cumulo di sassi, cfr. Chiavacci Leonardi e Inglese (ed. e comm.) 
ad l. Inaccettabile è inoltre l'ipotesi, anch'essa derivante dagli antichi commenti, secondo cui Dante abbia usato 
mora al posto di 
mola per una semplice questione rimica, per cui cfr. ad es. Benvenuto da Imola («aliqui exponunt 
mora pro 
mola sepulturae») e il Landino («dixe 
mora per servir alla rima in luogho di 
mola») 
ad l. A tal proposito, Vincenzio Borghini (
Scritti, pp. 189-190, ma vd. anche 
Annotazioni e Discorsi sul 'Decameron', pp. 64-65) ha messo in luce non solo il signif. di 
mola nell’it. antico, che male si accorda al passo di 
Purg. 3.129, ma anche l'appartenenza di 
mora all'uso tosc.: «
mola se è di questa lingua, non è se non per la macina, onde è detto 
mulino [...]. È adunque […] 
mora voce pura et semplice toscana, usata allhora, usata hora […]. Et è propriamente 
mora un monte o cumulo […] di più cose, largo da piè et da capo stretto, non legate o congiunte insieme, come sono sassi, legne et simil cosa [...]» (cfr. anche Crusca (1-5) s.v. 
mora 2).
 
                            Autore: Francesca Spinelli.
Data redazione: 07.02.2022.
Data ultima revisione: 08.05.2022.