Vocabolario Dantesco
tirannia s.f.
Commedia 2 (2 Inf.).
Commedia tirannia Inf. 12.132, 27.54.
Il sost., derivato da tiranno (DELI 2 s.v. tiranno), è comune nel Due e Trecento (mentre il grecismo tirannide risulta di introduzione più tarda: vd. TLIO s.v. tirannide). Secondo Tavoni, Guido da Montefeltro, è da superare l’idea «che circola negli studi danteschi fin da Isidoro Del Lungo» per la quale tiranno (vd.) e tirannia sarebbero «termini tecnici neutri designanti l’ordinamento signorile» (p. 279). Sulla base del Corpus OVI, si ricava infatti che i due sost. sono «sì massicciamente utilizzati [[...]] ma non senza connotazioni negative, anzi in netta continuità con il signif. del tutto negativo che il termine ha nella sfera dell’aristotelismo politico» (p. 280). Nella rassegna delle forme di governo discussa da Aristotele nella Politica, la tirannide è trattata come degenerazione della monarchia e come la peggiore delle costituzioni (Pol. 1289a38-b5). Tale signif. di tirannia come corruzione del governo di uno solo si riscontra fin dalle prime att. del sost. in italiano (per es. nel Tesoro volg.: vd. TLIO s.v. tirannia). Inoltre, sulla base soprattutto dell’interpretazione tomistica di Aristotele, si diffuse tra Due e Trecento una concezione della tirannide come corruzione di qualsiasi forma di governo, singolare o collettivo, non indirizzata al bene comune (cfr. Zorzi, La questione della tirannide). Anche questo signif. si ritrova nei testi italiani antichi, e in modo preponderante nel volgarizzamento sen. del De regimine principum di Egidio Romano (1288), all'interno del quale larga parte del Libro III è dedicata all’analisi del regime tirannico (Papi, Il Livro, pp. 535-545).
In Inf. 12.132, tirannia indica l'insieme dei tiranni del Flegetonte «nella loro penitente condizione» (Breschi, Inferno XII, p. 173): così già i commentatori (per es. Benvenuto da Imola «ubi tyranni plangunt»; Francesco da Buti «li tiranni convengono essere tormentati»). Quanto a Inf. 27.54, il verso secondo l'edizione Petrocchi si spiega in ragione del fatto che «mentre nelle altre città della regione lo stato di tirannia era ormai totale, a Cesena invece esisteva ancora una certa fluidità politica che consentiva, sia pure saltuariamente, reggimenti liberi» (Vasina in ED, s.v. Cesena). Si segnala tuttavia la diffusa var. «tra tirannia si vive in stato franco», sostenuta da codici autorevoli dell'antica vulgata, nella quale, secondo una recente ipotesi di Mirko Tavoni, tirannia avrebbe un significato analogo a Inf. 12.132: in quanto «sostantivo singolare massa» retto da tra - come copia in Inf. 24.91 («tra questa cruda e tristissima copia») o senno in Inf. 4.102 («sesto tra cotanto senno») - il lemma varrebbe infatti 'l'insieme dei tiranni romagnoli', rispetto ai quali Cesena rappresenta un'eccezione (cfr. già Francesco da Buti «Tra i tiranni; che sono in Romagna, si vive in stato franco; cioè libero: imperò che nessuno la signoreggia»). Per un ulteriore approfondimento si rimanda alla nota a Inf. 27.54 dell'edizione Trovato, che accoglie (come già Sanguineti) la lezione «tra tirannia si vive in stato franco», anche sulla base delle argomentazioni di Tavoni.
Autore: Fiammetta Papi.
Data redazione: 31.10.2017.
Data ultima revisione: 03.02.2023.
1 Forma degenerata di governo (per lo più di uno solo), caratterizzata da esercizio dispotico, oppressivo e violento dell'autorità.
[1] Inf. 27.54: E quella cu' il Savio bagna il fianco, / così com' ella sie' tra 'l piano e 'l monte, / tra tirannia si vive e stato franco.
Insieme di tiranni (puniti nel Flegetonte).
[2] Inf. 12.132: voglio che tu credi / che da quest' altra a più a più giù prema / lo fondo suo, infin ch'el si raggiunge / ove la tirannia convien che gema.