Il sost., derivato da
tiranno (DELI 2 s.v.
tiranno), è comune nel Due e Trecento (mentre il grecismo
tirannide risulta di introduzione più tarda: vd. TLIO s.v.
tirannide). Secondo Tavoni,
Guido da Montefeltro, è da superare l’idea «che circola negli studi danteschi fin da Isidoro Del Lungo» per la quale
tiranno (vd.) e
tirannia sarebbero «termini tecnici neutri designanti l’ordinamento signorile» (p. 279). Sulla base del
Corpus OVI, si ricava infatti che i due sost. sono «sì massicciamente utilizzati [[...]] ma non senza connotazioni negative, anzi in netta continuità con il signif. del tutto negativo che il termine ha nella sfera dell’aristotelismo politico» (p. 280). Nella rassegna delle forme di governo discussa da Aristotele nella
Politica, la tirannide è trattata come degenerazione della monarchia e come la peggiore delle costituzioni (
Pol. 1289a38-b5). Tale signif. di
tirannia come corruzione del governo di uno solo si riscontra fin dalle prime att. del sost. in italiano (per es. nel
Tesoro volg.: vd. TLIO s.v.
tirannia). Inoltre, sulla base soprattutto dell’interpretazione tomistica di Aristotele, si diffuse tra Due e Trecento una concezione della tirannide come corruzione di qualsiasi forma di governo, singolare o collettivo, non indirizzata al bene comune (cfr. Zorzi,
La questione della tirannide). Anche questo signif. si ritrova nei testi italiani antichi, e in modo preponderante nel volgarizzamento sen. del
De regimine principum di Egidio Romano (1288), all'interno del quale larga parte del Libro III è dedicata all’analisi del regime tirannico (Papi,
Il Livro, pp. 535-545).
In
Inf. 12.132,
tirannia indica l'insieme dei tiranni del Flegetonte «nella loro penitente condizione» (Breschi,
Inferno XII, p. 173): così già i commentatori (per es. Benvenuto da Imola «ubi tyranni plangunt»;
Francesco da Buti «li tiranni convengono essere tormentati»). Quanto a
Inf. 27.54, il verso secondo l'edizione Petrocchi si spiega in ragione del fatto che «mentre nelle altre città della regione lo stato di tirannia era ormai totale, a Cesena invece esisteva ancora una certa fluidità politica che consentiva, sia pure saltuariamente, reggimenti liberi» (Vasina in
ED, s.v.
Cesena). Si segnala tuttavia la diffusa var. «tra tirannia si vive in stato franco», sostenuta da codici autorevoli dell'antica vulgata, nella quale, secondo una recente ipotesi di Mirko Tavoni,
tirannia avrebbe un significato analogo a
Inf. 12.132: in quanto «sostantivo singolare massa» retto da
tra - come
copia in
Inf. 24.91 («tra questa cruda e tristissima copia») o
senno in
Inf. 4.102 («sesto tra cotanto senno») - il lemma varrebbe infatti 'l'insieme dei tiranni romagnoli', rispetto ai quali Cesena rappresenta un'eccezione (cfr. già
Francesco da Buti «
Tra i tiranni; che sono in Romagna,
si vive in stato franco; cioè libero: imperò che nessuno la signoreggia»). Per un ulteriore approfondimento si rimanda alla nota a
Inf. 27.54 dell'edizione Trovato, che accoglie (come già Sanguineti) la lezione «tra tirannia si vive in stato franco», anche sulla base delle argomentazioni di Tavoni.
Autore: Fiammetta Papi.
Data redazione: 31.10.2017.
Data ultima revisione: 03.02.2023.