Dal comparativo avv. lat.
setius 'più tardi', 'troppo tardi' (Nocentini s.v.
sezzo). La voce
sezzo ('ultimo') è att. a partire dalla metà del sec. XIII in testi quasi esclusivamente fior., dove ricorre sia come agg. sia come sost., e nelle locuz. avv.
al da sezzo e
da sezzo (per cui vd. LOCUZ. E FRAS.). Cfr. TLIO s.v.
sezzo e
Corpus OVI.
Locuz. e fras. La locuz. ricorre anche in Dante nella duplice forma
da sezzo e
al da sezzo. Se nel passo di
Inf. 7.130 il senso dell'espressione
al da sezzo è chiaro ('alla fine', con sfumatura temporale), nel caso di
Purg. 25.139 le interpretazioni sono diverse. Gli antichi esegeti pensano a un rif. alla lussuria, l'ultimo dei sette vizi capitali, per cui vd. ad es. l'Anonimo Lombardo
ad l. («Idest ultimum peccatum ex septem peccatis, de quibus tractat, quod est luxuria») e Benvenuto da Imola
ad l. («hoc est dicere ultimum peccatum, scilicet peccatum luxuriae»). Singolare è il commento di
Iacomo della Lana ad l. (vd.), che fa rif. in senso letterale all’«ultima piaga», cioè all’ultima P, applicata dall’angelo custode del Purgatorio sulla fronte del viandante. Gran parte della moderna esegesi (cfr. ad es. Bosco-Reggio, Chiavacci Leonardi e Inglese [ed. comm.]
ad l.), considerando invece il sintagma
da sezzo nel suo insieme, lo interpreta come una locuz. avv. con valore temporale o locativo, in linea con il signif. che esso assume a
Inf. 7.130 e nel resto dell'it. delle Origini (per cui cfr. NOTA). Sulla locuz. si sofferma anche Bembo,
Prose, p. 226 («è
da sezzo; che è 'da ultimo': a cui si dà alcuna volta l’articolo, et fassene
al da sezzo»).
Autore: Francesca Spinelli.
Data redazione: 03.02.2023.
Data ultima revisione: 03.05.2023.