Vocabolario Dantesco
mondiglia s.f.
Commedia 1 (1 Inf.).
Commedia mondiglia Inf. 30.90 (:).
Formazione da mondo 2 (vd.; cfr. DELI 2) con il suffisso collettivo -iglia (vd. Rohlfs, § 1064). Il termine è ben acclimatato nei testi pratici (anche duecenteschi), in cui generalmente significa ‘ciò che rimane dopo un processo di mondatura, di setacciatura o di pulitura; scarto’ (cfr. TLIO s.v. mondiglia; inoltre vd. Ferretti Cuomo, Parole, p. 207). In Dante esso è utilizzato per indicare il metallo vile, forse rame, (in proporzione di tre carati su ventiquattro) che maestro Adamo, falsatore di monete, utilizzò per contraffare «la lega suggellata del Batista» (Inf. 30.74), cioè il fiorino (vd.) aureo. Prima di Dante, l’immagine dell’oro contrapposto a un metallo non pregiato risulta topica nella poesia volg. (Chiaro Davanzati e Onesto da Bologna) e prov. (vd. i riferimenti riportati da Menichetti, Chiaro, pp. 117-118 e Pagnotta, Tommaso di Giunta, pp. 19-20). Il termine ritorna con lo stesso signif. e in posizione di rima in Tommaso di Giunta, Conc. Am. (cfr. TLIO s.v. mondiglia).
Autore: Cristiano Lorenzi Biondi.
Data redazione: 04.11.2017.
Data ultima revisione: 14.05.2018.
1 Metallo vile (in opposizione all’oro del fiorino). ||  Propr. ciò che rimane dopo un processo di mondatura, di setacciatura o di pulitura; scarto.
[1] Inf. 30.90: Io son per lor tra sì fatta famiglia; / e' m'indussero a batter li fiorini / ch'avevan tre carati di mondiglia.