Vocabolario Dantesco
costì avv.
Commedia 3 (3 Inf.).
Commedia costì Inf. 3.88, 19.52, 19.53.
Costì ritto 1.1.
Dal lat. eccum istic 'ecco qui' (DELI 2 s.v. costà). L'avv., att. dalla fine del sec. XIII e diffuso in testi di area tosc. con valore locativo 'in codesto luogo' (cfr. TLIO s.v.), è usato per indicare un punto vicino a colui che ascolta (cfr. Rohlfs, § 895; Di Carlo, Costì e costà, pp. 28-33 e bibliografia ivi cit.). Ridotta la diffusione in testi di area sett., dove la voce vale 'in quel luogo' (cfr. TLIO s.v., 3). Nel poema il deittico locativo, marcatamente toscano, ricorre tre volte, sempre nella prima cantica. A Inf. 3.88 l'indicazione spaziale dell'avv. riguarda il posto infernale dove si trova Dante, anima viva alla quale si rivolge Caronte nel suo invito ad andarsene dal luogo ove si radunano cotesti che son morti (v. 89). Come avv. locativo, costì conosce fino all’Ottocento una circolazione per lo più limitata all'uso letterario (cfr. GDLI s.v. costì, § 1) ed è oggi in uso soltanto nelle varietà toscane (cfr. GRADIT s.v., che lo registra come "regionalismo").
Locuz. e fras. A Inf. 19.52 e 53, la locuz. costì ritto (dal lat. recte 'proprio, davvero') è una composizione avv. rafforzativa, esclusiva del poema, col signif. di 'proprio in codesto luogo' (cfr. TLIO s.v., 1.1). Una parte dell'esegesi antica e moderna non coglie questo valore avv., ma considera ritto agg., a indicare la posizione eretta di Dante (qui scambiato per Bonifacio VIII), contrapposta a quella capovolta di Niccolò III Orsini e degli altri simoniaci, conficcati a testa in giù nei buchi infuocati della roccia (cfr. Castelvetro, ad l.: «Ritto in quanto non è ancora stato piegato e cacciato con la testa in giù nel foro»). Le Chiose Selmi e Chiose Cassinesi hanno rispettivamente costì ritta e costiritta (pur se fitto [v. 50] e scritto [v. 54] comportano la rima con ritto [v. 52]). Trifon Gabriele chiosa per primo: «sei già tu qui apunto e preciso»; Lombardi, oltre a segnalare la ridondanza di ritto, «aggiunto per mera proprietà di linguaggio», ritiene «che scrivesse Dante costiritto, o forse costiritta, come trovisi scritto quiritta, quiciritta, quiviritta». I più attendibili commentatori moderni (Chiavacci Leonardi, Inglese, Bellomo) sottolineano il valore rafforzativo dell’avv. di luogo; per Ferretti Cuomo la ripetizione costì ritto (v. 52), ritto (v. 53) «è tipica del parlare enfatico». Quest'ultima segnala che «il corpus OVI permette di accrescere la serie toscana antica degli avverbi di luogo rafforzati: quindiritto, quineritto, quiritto, quiveritto, quiviritto, quinceritta, quinderitta, quiritta, quiveritta, quiviritta; esempi inequivocabili di quest’uso si trovano nella stessa Commedia (per es. l’amor del bene scemo  / di suo dover quiritta si ristora e soprattutto Colà diritto sopra il verde smalto)»; a riprova, cfr. i molti iviritto, iviritta dei testi tosc. nel Corpus TLIO.
Autore: Francesca De Cianni.
Data redazione: 30.04.2021.
Data ultima revisione: 09.11.2023.
1 In luogo vicino a chi ascolta; in codesto luogo.
[1] Inf. 3.88: i' vegno per menarvi a l'altra riva / ne le tenebre etterne, in caldo e 'n gelo. / E tu che sè costì, anima viva, / pàrtiti da cotesti che son morti». 
1.1 Locuz. avv. Costì ritto: proprio in codesto luogo.
[1] Inf. 19.52: Ed el gridò: «sè tu già costì ritto, / sè tu già costì ritto, Bonifazio? / Di parecchi anni mi mentì lo scritto. 
[2] Inf. 19.53: Ed el gridò: «sè tu già costì ritto, / sè tu già costì ritto, Bonifazio? / Di parecchi anni mi mentì lo scritto.