Vocabolario Dantesco
adduare v.
Commedia 1 (1 Par.).
Commedia addua Par. 7.6 (:).
Prima att. Sull’origine del v. si è a lungo dibattuto: la maggior parte dei commentatori, fin dall'antichità, ritiene che si tratti di una formazione con radicale numerale due (ad es. Benvenuto da Imola, ad l.: «ingeminantur et duplicantur»; Landino, ad l.: «si duplica»). Altri, a partire da André Pèzard, ipotizzano che il v. continui «l'antico francese s'adouer, "accoppiarsi" (detto di animali), a sua volta accostabile etimologicamente a doue, douve, "doga": adduare potrebbe pertanto essere doppione di 'addovare' o 'addogare', "listare a strisce", e designare due raggi accoppiati» (ED s.v. adduare; cfr. DEI s.v. adduare). Per la discussione in merito cfr. anche Pasquini (Induare-Indovare-Adduare, pp. 38-41), Di Pretoro (Innovazioni lessicali, pp. 9-10) e da ultimo Viel («Quella materia ond'io son fatto scriba», pp. 181-182) che, considerando gli scarsi e tardi riscontri della voce francese, ritiene più probabile che «il conio dantesco abbia seguíto il medesimo percorso di altri [...] neologismi, come intreare, internare, inmillare» (ivi, p. 182). Nell’occ. di Par. 7.6 il v. si rif. al doppio lume sopra l'anima di Giustiniano che raddoppia la sua intensità, come parafrasa bene Inglese «o meglio: 'sopra la quale un secondo splendore raddoppia il primo'» (ad l.); tuttavia, tra i commentatori non c'è accordo su quale sia il doppio lume: per l’Ottimo e Benvenuto da Imola l'espressione si rif. alla gloria delle leggi e delle armi, in accordo con quanto Giustiniano afferma nel proemio delle Istituzioni (cfr. ED, ibid.); altri intendono invece il lume «dell'anima, e quello divino», ma «questo non è specifico di essa sustanza, cioè di Giustiniano, in quanto di tutti i beati» (cfr. Chiavacci Leonardi, ad l.). Considerato il contesto, si accoglie senza dubbio la derivazione dal numerale due: come chiosa Di Pretoro, il v. è impiegato in funzione intensiva «per sottolineare l’accrescimento di luce dell’anima [doppio lume], in cui si traduce il fervore di carità; [...] già sottolineato particolarmente nel finale del canto V, v. 131-139», che plausibilmente richiama «alla nozione di 'accoppiarsi', o, forse meglio 'raddoppiarsi' (con una sorta di replicazione e figura etimologica)» (ivi, p. 10).
Autore: Elena Felicani.
Data redazione: 07.04.2021.
Data ultima revisione: 22.07.2021.
1 Pron. Unirsi insieme, accoppiarsi.
[1] Par. 7.6: Così, volgendosi a la nota sua, / fu viso a me cantare essa sustanza, / sopra la qual doppio lume s'addua;