Vocabolario Dantesco
acerbo agg./s.m.
Commedia 10 (3 Inf., 3 Purg., 4 Par.).
Altre opere2 (1 Vn., 1 Conv.).
1 (1 Fiore).
Commedia acerba Purg. 11.117 (:), 30.81 (:), Par. 11.103 (:); acerbe Purg. 26.55, Par. 30.79 (:); acerbo Inf. 9.75 (:), 21.32 (:), 25.18 (:), Par. 18.3 (:), 19.48 (:).
Altre opere acerba Vn 31.8-17.65.
acerbo Fiore 11.11.
Dal lat. acerbus (LEI s.v. 1, 367-371), nella Commedia occorre sia come agg. sia come sost., di cui in partic. si registrano le prime att. in Inf. 25.18 e in Par. 18.3 (cfr. Corpus OVI). In Dante il vocabolo rispecchia entrambe le accezioni, già presenti in lat., di 'aspro' e 'immaturo' (quest’ultima con originario rif. a un frutto, di sapore aspro se non giunto a maturazione), interconnesse al punto da rendere arduo determinare quale sia il signif. propr. e quale quello estens. In Purg. 26.55 Dante connette l’agg. al suo opposto in forma neg. («né acerbe né mature»), riferendolo alle proprie membra (vd. membro): nel contesto il personaggio-poeta sta rassicurando gli stupiti lussuriosi purganti dell’ultimo cerchio di avere di fronte a loro il corpo di un uomo 'in carne ed ossa', di un vivo cioè e non di un morto che quelle membra avrebbe lasciato nel mondo terreno «per una fine prematura» (acerbe) ovvero «per una morte avvenuta a tempo debito» (mature), come chiosano efficacemente Pasquini-Quaglio, ad l. (la negazione dei due estremi vale come negazione complessiva del fatto). In Par. 19.48 acerbo descrive la condizione di Lucifero che cadde dal cielo immaturo «per non avere aspettato la propria perfezione dalla grazia divina» (Bosco-Reggio, ad l.), con prob. riecheggiamento di un passo biblico (Sap. 4,5: «confringentur enim rami inconsummati / et fructus illorum inutiles et acerbi a manducandum»). In Purg. 11.117 l'agg. è rif. estens all'erba appena nata («idest, nata est tenella, nondum matura», Benvenuto da Imola, ad l.). Con il signif. 2 acerbo, nell’accezione di 'acre', 'aspro', e quindi in senso fig. 'crudele', 'ostile', ricorre in Par. 11.103 rif. ai dotti musulmani convocati dal Soldano di Damietta, ostilmente avversi all’azzardato tentativo di evangelizzazione da parte di san Francesco. Sost., sempre fig., ricorre come astratto in Par. 18.3 a indicare l'asprezza della predizione dell'esilio, opposta e attenuata (vd. temprare) dalla dolcezza dell'annuncio dell'ospitalità dello Scaligero (vd. dolce) e con valore antonomastico in Inf. 25.18 dove designa la bestiale crudeltà d’animo di Vanni Fucci.
Autore: Elena Felicani.
Data redazione: 30.04.2019.
Data ultima revisione: 03.02.2023.
1 Immaturo, non ancora pienamente sviluppato.
[1] Purg. 26.55: «O anime sicure / d'aver, quando che sia, di pace stato, / non son rimase acerbe né mature / le membra mie di là, ma son qui meco / col sangue suo e con le sue giunture.
1.1 Imperfetto, non giunto a perfezione.
[1] Par. 30.79: Non che da sé sian queste cose acerbe; / ma è difetto da la parte tua, / che non hai viste ancor tanto superbe».
[Rif. a Lucifero].
[2] Par. 19.48: E ciò fa certo che 'l primo superbo, / che fu la somma d'ogne creatura, / per non aspettar lume, cadde acerbo...
1.2 Appena nato, tenero (estens.).
[1] Purg. 11.117: La vostra nominanza è color d'erba, / che viene e va, e quei la discolora / per cui ella esce de la terra acerba». 
2 Aspro, pungente.
[1] Inf. 9.75: Li occhi mi sciolse e disse: «Or drizza il nerbo / del viso su per quella schiuma antica / per indi ove quel fummo è più acerbo».
[2] Purg. 30.81: Così la madre al figlio par superba, / com' ella parve a me; perché d'amaro / sente il sapor de la pietade acerba.
Sost. Asprezza (fig.).
[3] Par. 18.3: Già si godeva solo del suo verbo / quello specchio beato, e io gustava / lo mio, temprando col dolce l'acerbo...
2.1 Ostile, avverso, crudele (fig.).
[1] Inf. 21.32: Ahi quant' elli era ne l'aspetto fero! / e quanto mi parea ne l'atto acerbo, / con l'ali aperte e sovra i piè leggero!
[Rif. alle autorità religiose di Damietta].
[2] Par. 11.103: E poi che, per la sete del martiro, / ne la presenza del Soldan superba / predicò Cristo e li altri che 'l seguiro, / e per trovare a conversione acerba / troppo la gente e per non stare indarno, / redissi al frutto de l'italica erba...
Sost. Chi è ribelle nell'animo (rif. a Vanni Fucci).
[3] Inf. 25.18: El si fuggì che non parlò più verbo; / e io vidi un centauro pien di rabbia / venir chiamando: «Ov' è, ov' è l'acerbo?».