Commedia |
simoneggiando Inf. 19.74 (:). |
Att. solo nella
Commedia e nei commentatori. Formazione parasintetica sul sost.
simonia (vd.) di prob.
matrice dantesca (cfr. Di Pretoro,
Innovazioni lessicali, p. 29) e parallela ad altre composizioni verbali originali con suff.
-eggiare (ess.
pargoleggiare,
pennelleggiare ecc.). Meno convincente appare una derivazione del v. dal fr. antico
symoniier, di scarsa vitalità già nell'area galloromanza (cfr. FEW s.v.
Simon, 11, 633b; Viel,
«Quella materia ond’io son fatto scriba», p. 156). Dopo Dante,
simoneggiare ricorre esclusivamente nei commentatori, i quali impiegano il v. anche autonomamente. Per es., a
Par. 18.132, il "guasto" che papa Giovanni XXII reca alla santa «vigna» è connesso in modo esplicito all'attività simoniaca dall'
Ottimo, che così glossa il passo: «la vigna di Dio, cioè la Chiesa, la quale tu simoneggiando guasti [[...]]» (
ad l.). Così anche Iacomo della Lana (
ad l.), che tuttavia preferisce la forma
simonizzare. Quest'ultima, da cui anche
simonizzatore (
Ottimo,
Purg. 33.40-42), può trovarsi in alternativa a quella in
-eggiare anche nella trad.: in partic., a
Inf. 19.74, legge «symoniçando» il cod. Rb.
Autore: Barbara Fanini.
Data redazione: 26.11.2019.
Data ultima revisione: 20.12.2019.