Vocabolario Dantesco
rancurare v.
Commedia 1 (1 Inf.).
Commedia rancuro Inf. 27.129 (:).
Formazione denominale da rancura (vd.), doc. quasi esclusivamente in poesia già dalla prima metà del Duecento (in Giacomo da Lentini, Rime; vd. TLIO s.v. rancurare). Come il sost., il v. è ben att. nella trad. lirica tosc. predantesca, con ess. in Guittone, Chiaro Davanzati, Monte Andrea (cfr. ibid. e Corpus OVI). Anche per rancurare si potrà ammettere una diffusione veicolata dall'antico fr. rancurer ('adirarsi') o più prob. dal prov. rancurar, che sviluppa signif. connessi sia alla rabbia, sia al dolore (cfr. FEW s.v. rancor, 10, 55a). Per l'ipotesi del gallicismo, cfr. Zingarelli, Parole e forme, p. 132; Viel, I gallicismi, p. 155. Nel poema, il v. è impiegato (in rima con duro e furo, vd.) nel racconto di Guido da Montefeltro, costretto a tormentarsi in eterno per l'inganno subìto da Bonifacio.
Autore: Barbara Fanini.
Data redazione: 05.10.2020.
Data ultima revisione: 02.11.2020.
1 Pron. Dolersi profondamente, tormentarsi.
[1] Inf. 27.129: e poi che per gran rabbia la si morse, / disse: "Questi è d'i rei del foco furo"; / per ch'io là dove vedi son perduto, / e sì vestito, andando, mi rancuro».