Dal lat.
rabiosus (DELI 2 s.v.
rabbia). Il lemma è att., dapprima come agg., nel 1274 in
Pietro da Bescapè con senso fig.; di poco successivo (
Bonvesin, Volgari;
Libro della natura degli animali; ecc.) il valore propr. di 'idrofobo' (cfr.
Corpus TLIO). Nel poema il vocabolo ricorre tre volte, sempre nella prima cantica. A
Inf. 30.33 l'agg., in funzione predicativa, descrive il furore bestiale di cui è preda Gianni Schicchi, uno dei
falsari di persona che corre furiosamente per la decima bolgia azzannando al collo il dannato Capocchio («idest in rabie furoris mordendo et lacerando alios», Benvenuto da Imola). Il corrispettivo sost. del v. 46 è rif. a «Myrrha et Schicchi furiosi» (Benvenuto da Imola,
ad l.), definiti più avanti «l'arrabbiate ombre» (vv. 79-80; vd.
arrabbiato). Una parte dell'esegesi moderna tende invece a interpretare
rabbioso nel signif. propr. medico di 'affetto da rabbia; idrofobo', richiamando Bartolomeo Anglico,
De proprietatibus rerum, VII, 57, o assegnando, come per gli altri falsatori dell'ottavo cerchio, una «specifica patologia penale» a tale categoria di dannati (Bellomo, pp. 475-476; cfr. Chiavacci Leonardi, Inglese [ed. comm.],
ad l.; vd. inoltre Bufano in
ED s.v.). La
rabbia (vd.) violenta e incontenibile che caratterizza i falsificatori di persona, «degradati, appunto, a bruti infuriati, a porci sfrenati dal chiuso e avventati sui compagni di pena» (Contini,
Sul XXX dell’«Inferno», p. 163), è assai superiore rispetto alla
furia (vd.) che pure infiamma i protagonisti dei miti tebani e troiani ai quali si allude in precedenza (vv. 22-25). A
Inf. 1.47 l'attributo qualifica la fame smodata propria della voracità del leone. I commentatori vi colgono un senso simbolico: ad es.
Francesco da Buti chiosa: «significa lo spietato nocimento che fa la superbia in verso il prossimo»; Vellutello,
ad l.: «dinota l'alterigia e lo sfrenato appetito del dominare». Ferretti Cuomo (
ad l.) rinvia a
Eneide VI 421, «dove
fame rabida è attributo del cane infernale tricefalo Cerbero». Nella trad. ms., Mart e Triv recano la lez. (accolta da Lanza)
bramosa fame (vd.
bramoso), forse per eco di
bramosa voglia del v. 98 o generata per attrazione dal poco successivo
brame (v. 49).
Autore: Francesca De Cianni.
Data redazione: 08.06.2023.
Data ultima revisione: 31.07.2023.