Vocabolario Dantesco
rabbioso agg./s.m.
Commedia 3 (3 Inf.).
Commedia rabbiosa Inf. 1.47; rabbiosi Inf. 30.46; rabbioso Inf. 30.33.
Vocabolari: Crusca in rete, ED.
Dal lat. rabiosus (DELI 2 s.v. rabbia). Il lemma è att., dapprima come agg., nel 1274 in Pietro da Bescapè con senso fig.; di poco successivo (Bonvesin, VolgariLibro della natura degli animali; ecc.) il valore propr. di 'idrofobo' (cfr. Corpus TLIO). Nel poema il vocabolo ricorre tre volte, sempre nella prima cantica. A Inf. 30.33 l'agg., in funzione predicativa, descrive il furore bestiale di cui è preda Gianni Schicchi, uno dei falsari di persona che corre furiosamente per la decima bolgia azzannando al collo il dannato Capocchio («idest in rabie furoris mordendo et lacerando alios», Benvenuto da Imola). Il corrispettivo sost. del v. 46 è rif. a «Myrrha et Schicchi furiosi» (Benvenuto da Imola, ad l.), definiti più avanti «l'arrabbiate ombre» (vv. 79-80; vd. arrabbiato). Una parte dell'esegesi moderna tende invece a interpretare rabbioso nel signif. propr. medico di 'affetto da rabbia; idrofobo', richiamando Bartolomeo Anglico, De proprietatibus rerum, VII, 57, o assegnando, come per gli altri falsatori dell'ottavo cerchio, una «specifica patologia penale» a tale categoria di dannati (Bellomo, pp. 475-476; cfr. Chiavacci Leonardi, Inglese [ed. comm.], ad l.; vd. inoltre Bufano in ED s.v.). La rabbia (vd.) violenta e incontenibile che caratterizza i falsificatori di persona, «degradati, appunto, a bruti infuriati, a porci sfrenati dal chiuso e avventati sui compagni di pena» (Contini, Sul XXX dell’«Inferno», p. 163), è assai superiore rispetto alla furia (vd.) che pure infiamma i protagonisti dei miti tebani e troiani ai quali si allude in precedenza (vv. 22-25). A Inf. 1.47 l'attributo qualifica la fame smodata propria della voracità del leone. I commentatori vi colgono un senso simbolico: ad es. Francesco da Buti chiosa: «significa lo spietato nocimento che fa la superbia in verso il prossimo»; Vellutello, ad l.: «dinota l'alterigia e lo sfrenato appetito del dominare». Ferretti Cuomo (ad l.) rinvia a Eneide VI 421, «dove fame rabida è attributo del cane infernale tricefalo Cerbero». Nella trad. ms., Mart e Triv recano la lez. (accolta da Lanza) bramosa fame (vd. bramoso), forse per eco di bramosa voglia del v. 98 o generata per attrazione dal poco successivo brame (v. 49).
Autore: Francesca De Cianni.
Data redazione: 08.06.2023.
Data ultima revisione: 31.07.2023.
1 In preda a una furia violenta (come un animale affetto da rabbia).
[1] Inf. 30.33: E l'Aretin che rimase, tremando / mi disse: «Quel folletto è Gianni Schicchi, / e va rabbioso altrui così conciando». 
Sost.
[2] Inf. 30.46: E poi che i due rabbiosi fuor passati / sovra cu' io avea l'occhio tenuto, / rivolsilo a guardar li altri mal nati. 
2 [Con rif. all'appetito:] che oltrepassa la misura; smodato (fig.).
[1] Inf. 1.47: Questi [scil. il leone] parea che contra me venisse / con la test' alta e con rabbiosa fame, / sì che parea che l'aere ne tremesse.