Commedia |
prome Par. 20.93 (:). |
Prima att.
Latinismo da
promere (DEI s.v.), che vale propr. 'trarre fuori, far uscire' (vd. TLL s.v., 10.2, 1879.32). Il verbo, da connettere al tecnicismo filosofico
quiditate (vd.) – altro schietto latinismo – del v. precedente, è impiegato nel poema un'unica volta, nelle parole pronunciate nel Cielo di Giove dall'
aguglia (vd.) composta di «luci sante» (v. 69). Dopo Dante
promere resta rarissimo, contando occ. limitate e «con chiari rapporti intertestuali» con il passo paradisiaco (Viel,
«Quella materia ond'io son fatto scriba», p. 327; cfr.
Corpus OVI). La rarità e la difficoltà del cultismo sono da porre all'origine di alcune lez. singolari, banalizzanti o erronee, rilevabili nella trad., come
propone,
sprome ('sprona'? 'spreme'?) e
preme, recate rispettivamente dai codd. Eg, Mad e Po.
Autore: Barbara Fanini.
Data redazione: 28.01.2021.
Data ultima revisione: 19.03.2021.