Vocabolario Dantesco
parto s.m.
Commedia 1 (1 Par.).
Commedia parto Par. 16.35.
L'unica att. nella Commedia del sost. parto, voce dotta dal lat. partus (DELI 2 s.v. parto), ricorre in una perifrasi temporale usata da Cacciaguida per indicare un periodo di 580 anni: da «quel dì che fu detto "Ave"» (dal giorno dell'Incarnazione di Cristo, considerato il primo giorno dell'anno nell'anno fiorentino) al «parto in che mia madre [...] s'allevïò di me ond' era grave», il giorno dunque della nascita dell'avo di Dante, «questo foco», cioè Marte, tornò ad accendersi sotto il segno del Leone «cinquecento cinquanta e trenta fiate». Già a Par. 15.133 («Maria mi diè, chiamata in alte grida») si fa cenno al momento della nascita di Cacciaguida: «il dolore del parto e l'invocazione a Maria vengono a rammentarci che la "perfetta" città caccaguidiana è pur inclusa nella storia del genere umano, dal peccato originale alla rendenzione» (Inglese, ad l.). Il costume di invocare Maria al momento del parto è ricordato anche a Purg. 20.21 (per cui vd. anche partorire).
Autore: Chiara Murru.
Data redazione: 02.10.2019.
Data ultima revisione: 19.03.2021.
1 Momento finale della gravidanza corrispondente all'espulsione del feto dal corpo materno.
[1] Par. 16.35: dissemi: «Da quel dì che fu detto 'Ave' / al parto in che mia madre, ch'è or santa, / s'allevïò di me ond' era grave, / al suo Leon cinquecento cinquanta / e trenta fiate venne questo foco / a rinfiammarsi sotto la sua pianta.