Commedia |
2 (1 Inf., 1 Par.). |
Commedia |
aguzza Inf. 17.1 (:); aguzzo Par. 16.57 (:). |
Da
aguzzare (vd.). L'agg. occorre solo nel poema, sempre in rima (per la rara sequenza in
-uzza/o, cfr. ED s.v.
aguzzo). A
Inf. 17.1, l'attributo qualifica la coda affilata di Gerione, dotata di un aculeo velenoso capace di colpire a tradimento: «E dice l'Autore, che lla sua coda era aguzza; dove la coda, che è al fine dello animale, sì dimostra, che sempre la frode col fine suo pugne e offende» (
Ottimo,
ad locum). A
Par. 16.57, è invece detto
aguzzo l'occhio di Fazio dei Morubaldini da Signa, così pronto a individuare le occasioni di guadagno (illecito). In questo senso,
aguzzo si allinea all'uso fig. del corradicale colto
acuto (vd. in partic. §
4): entrambi precisano infatti la "capacità penetrativa" dello sguardo e, dunque, la prontezza dell'ingegno. Tuttavia, i rispettivi contesti di riferimento appaiono in netto contrasto: lo sguardo
aguzzo, proprio di un corrotto, è diretto al malaffare, mentre le «luci chiare e acute» (
Par. 22.126) s'innalzano alla visione suprema e alla beatitudine.
Autore: Barbara Fanini.
Data redazione: 17.10.2019.
Data ultima revisione: 04.11.2019.