Commedia |
detruso Par. 30.146 (:). |
Att. solo nella
Commedia e cit. nei commentatori.
Latinismo da
detrudere (DEI s.v.), att. nel lat. classico e medievale (cfr. Viel,
«Quella materia ond'io son fatto scriba», p. 64). L’accezione ‘cacciare agl'Inferi’ si riscontra già nel lat. classico: cfr. TLL s.v.
detrudo, 5, 1, 843.63. Inglese a
Par. 30.146 ricorda Ov.,
Met., XII, 522-523 «sub inania corpus | Tartara detrusum [[...]] ferebant». Come si può verificare dal
Corpus ClaVo, i volgarizzatori trecenteschi evitano il latinismo nel tradurre
detrudere: per es. il passo ora cit. delle
Met. è tradotto da
Simintendi, a. 1333, «che 'l corpo era ito nel voto inferno». Generiche le chiose dei commentatori a
Par. 30.146: Benvenuto da Imola si approssima a
detruso con «impulsus», Iacomo della Lana glossa «murirà e serrà portà in quello logo infernale dove è Symon mago»; più preciso
Francesco da Buti «sarà rinchiuso ne lo inferno, dove sono li fori nei quali nel XIX canto de la prima cantica finge che siano piantati li simoniaci col capo di sotto». Nelle opere latine,
detrudo ricorre una volta in
Ep. 2.9, in contesto fig.: «sue captivitatis me detrusit in antrum» '[[La povertà dell'esilio]] mi cacciò nella spelonca della sua prigionia'.
Autore: Fiammetta Papi.
Data redazione: 05.09.2018.
Data ultima revisione: 05.09.2018.