Commedia |
conserte Par. 19.3 (:). |
Prima att.
Latinismo da
consertus (DELI 2 s.v.). Il verbo
conserere valeva ‘congiungere’ (con rif. a sogg. animati o inanimati) già nel lat. classico: vd. TLL s.v.
consero 4, 415.32. In
Par. 19.3,
conserte sono le anime del cielo di Giove che si uniscono a formare la
bella image dell’aquila: il signif. appare chiaro già ai commentatori, cfr. per es. l’
Ottimo «congiunte e commescolate», Benvenuto da Imola «contextae et colligatae in ordine in ipso signo»,
Francesco da Buti «insieme ordinate a rappresentare tale segno». Il lemma ricorre una sola altra volta dopo Dante, alla fine del Trecento, in
Gradenigo, Quatro Evangelii: cfr. TLIO s.v.
conserto e Viel,
«Quella materia ond'io son fatto scriba», p. 227. Come si può verificare dal
Corpus ClaVo, i volgarizzatori trecenteschi ricorrono invece ad altri traducenti per
conserere o
consertus, il che conferma la rarità del latinismo dantesco. Nelle opere latine,
conserere è att. una sola volta, al passivo, in
De Vulg. 2.12.7.
Autore: Fiammetta Papi.
Data redazione: 31.05.2018.
Data ultima revisione: 28.02.2019.