Vocabolario Dantesco

Accademia della Crusca - CNR Opera del Vocabolario Italiano

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luculento agg.
Frequenza:
Commedia 2 (2 Par.).
Lista forme e index locorum:
Commedia luculenta Par. 9.37, 22.28 (:).
Corrispondenze: Testi italiani antichi:
Corpus OVI,
DiVo,
LirIO,
Prosa fior. sec. XIII,
Petrarca e Boccaccio.
Vocabolari: TLIO, Crusca in rete, ED.
Nota:Prima att. Latinismo da luculentus (GDLI s.v. luculento). Come nota Giola, La lessicografia mediolatina (p. 207), nell'uso classico e post-classico l'agg. luculentus è più frequentemente sinonimo di 'magnifico'; nell'uso dantesco, invece, è più vicino alla definizione etimologica fondata sul concetto di 'luce, splendore' riportata da Uguccione nelle Derivationes, e ripresa quasi alla lettera dall'esegesi antica: ad es. Benvenuto da Imola chiosa «luculenta, idest luminosa» e Francesco da Buti (Par. 9.37) «cioè di questa lucente: luculento viene a dire pieno di luce». L'agg. ricorre esclusivamente nel Paradiso, in relaz. alla tematica della luce (vd.). Ad essere luculente sono le anime dei beati, cui in questi contesti ci si riferisce con i sost. gioia (2) (vd.) e margherita (vd.): le anime beate sono avvolte di luce ed emanano un forte splendore, la cui intensità aumenta in misura proporzionale alla sfera paradisiaca in cui risiedono e dunque al grado di visione di Dio raggiunto da ciascuna di esse. In Par. 9.37 l'agg. è rif. al trovatore Folchetto di Marsiglia e, come osserva Inglese (ad l.), appare qui partic. appropriata la chiosa di Uguccione laddove afferma che «homo dicitur luculentus qui est lingua clarus et sermone splendidus» (Uguccione, Derivationes, p. 100). Dopo l'uso dantesco, l'agg. ha scarsa diffusione nel Trecento (cfr. TLIO s.v. luculento,  Viel, «Quella materia ond’io son fatto scriba», p. 289).
1 [Nel Paradiso, con rif. alle anime dei beati:] pieno di luce.
[1] Par. 9.37: Di questa luculenta e cara gioia / del nostro cielo che più m'è propinqua, / grande fama rimase; e pria che moia, / questo centesimo anno ancor s'incinqua...
[2] Par. 22.28: Io stava come quei che 'n sé repreme / la punta del disio, e non s'attenta / di domandar, sì del troppo si teme; / e la maggiore e la più luculenta / di quelle margherite innanzi fessi, / per far di sé la mia voglia contenta.


Autore: Chiara Murru 02.10.2019 (ultima revisione: 11.06.2021).