Commedia |
carizia Par. 5.111 (:). |
Latinismo (cfr. LEI s.v.
carities, 12, 162.18). La prima att. è nel volgarizzamento sen. del
De regimine principum di Egidio Romano (Papi,
Il Livro, p. 502): «molte città à(n)no abondança di quello ch’un’altra città à gra(n)de chariçia» (III I II 4), dove il sost., privo di un corrispondente lessicale diretto nell'antecedente fr. («aucunes citez ont grant habundance de ce dont les autres defaute»: Paris BNF Franç. 1203, 94rb-94va), ricorre col signif. di ‘penuria’ in senso materiale. Nella lirica di fine Duecento (per es. Guittone, Monte Andrea) il sost. è att. col valore di ‘privazione’, sia materiale che spirituale (mentre è sinon. di ‘rarità, pregio’ nell’
Intelligenza): cfr. TLIO s.v.
carizia. L’occ. in
Par. 5.111 aggiunge al primo signif. di ‘mancanza’ (rafforzato dall’agg.
angosciosa) uno scarto semantico verso il ‘bisogno’, e quindi il ‘desiderio’
di più savere (cfr.
m’era in disio del successivo v. 113). Un’analoga costruzione con
avere si trova in
Purg. 22.141 «Di questo cibo avrete caro», dove
avere caro sta per ‘avere penuria’: vd.
caro.
Autore: Fiammetta Papi.
Data redazione: 20.06.2018.
Data ultima revisione: 28.02.2019.