Vocabolario Dantesco
cardine s.m.
Commedia 1 (1 Inf.).
Commedia cardini Purg. 9.133.
Termine raro nell'it. antico; il suo uso è doc. esclusivamente in testi di area tosc. e, in partic., in volgarizzamenti (vd. TLIO s.v. cardine). Ed è proprio a una traduzione, quella dell'Eneide compiuta dal sen. Ciampolo di Meo Ugurgieri – databile agli anni 1315-1321 secondo la recente ed. Lagomarsini –, che si deve forse la prima att. del sost.: es. «Allora l'essecrabili porte stridenti nei cardini sonanti sono aperte» (ivi, L. 6, p. 335). Ai cardini danteschi, su cui s'impernia la pesante porta d'ingresso del Purgatorio, resta comunque il primato dell'uso originale, non indotto da un testo lat. di partenza, sebbene le «sacrae portae» del poema virgiliano, che si aprono «horrisono stridentes cardine» (Aen. 6, 573-574), certamente non saranno state ignote alla memoria del poeta fior. Per una discussione sul referente di «sonanti e forti», cfr. ED s.vv. cardine e spigolo.
Autore: Barbara Fanini.
Data redazione: 22.04.2020.
Data ultima revisione: 30.06.2020.
1 Elemento metallico infisso in uno stipite che, attraverso un perno, permette la rotazione di un battente, regolandone l'apertura.
[1] Purg. 9.133: E quando fuor ne' cardini distorti / li spigoli di quella regge sacra, / che di metallo son sonanti e forti, / non rugghiò sì né si mostrò sì acra / Tarpëa, come tolto le fu il buono / Metello, per che poi rimase macra.