Latinismo da
candor (LEI s.v., 10, 827.16). Come gli altri derivati del verbo
candere (vd. in partic.
candente,
candido), il sost. lat.
candor può trovarsi nell'accezione sia di 'chiarore, bianchezza intensa' sia di 'incandescenza' (rif. quest'ultima al fuoco o a oggetti metallici: vd. TLL s.v.
candor, 3, 246.30 e 69). Il suo uso in volg. è doc. a partire dalla fine del Duecento, in un componimento guittoniano (vd. TLIO s.v.
candore) e resta per lo più limitato alla poesia. Fra le occ. in prosa spicca quella del
Convivio («E però si legge nel libro allegato di Sapienza, di lei parlando: "Essa è candore della etterna luce e specchio sanza macula della maestà di Dio"» ivi, 3.15.5), fedele traduzione del passo scritturale cit. («candor est enim lucis aeternae et speculum sine macula Dei potentiae et imago bonitatis illius»
Sap. 7.26), in cui il sost. è impiegato in un contesto fig. Nel poema
candore precisa il colore delle vesti dei ventiquattro seniori che sfilano nell'Eden (
Purg. 29.66) e quello della «temprata stella» (
Par. 18.68), cioè di Giove, che «intra tutte le stelle bianca si mostra, quasi argentata» (
Conv. 2.13.25). A
Par. 23.124,
candore occorre al plur. per indicare le anime dei beati – gli
splendori (vd.) del v. 82 – che, nel celebrare il trionfo di Cristo, protendono ora verso Maria («
E ciascun di quei candori, idest, lucernarum ardentium, scilicet, apostolorum et aliorum beatorum,
si stese in su, scilicet, versus Mariam» Benvenuto da Imola,
ad l.).
Autore: Barbara Fanini.
Data redazione: 24.06.2022.
Data ultima revisione: 12.07.2022.