Vocabolario Dantesco
caldaia s.f.
Commedia 1 (1 Inf.).
Commedia caldaia Inf. 21.56 (:).
Dal lat. caldaria (LEI s.v. caldarium/caldaria, 9, 1230.26). Le prime occ. volg. del termine risalgono già alla seconda metà del sec. XIII (vd. TLIO s.v. caldaia); sono tuttavia rintracciabili anche derivati antroponimici e toponimici più antichi (es. «Ugiccione Calderaio» è in un doc. di area fior. datato 1149; cfr. GDT, p. 132; cfr. anche LEI s.v.). Nel poema il sost. è impiegato un'unica volta, nel paragone che accosta i diavoli a sguatteri solleciti che, in cucina, sorvegliano la carne a lessare. Per Iacomo della Lana, la caldaia è il «laveço» (cioè il laveggio, vd. TLIO s.v.) usato dal «fante» del cuoco: «[[scil. le guardie della bolgia]] erano cusì sollicite a tignire sotto la pegola, com'è sollicito 'l fante del cogo a no lassare andare a gallo la carne in lo laveço, açò che se coga e no prenda alcuno fummo» (ad l.).
Autore: Barbara Fanini.
Data redazione: 21.01.2021.
Data ultima revisione: 19.03.2021.
1 Grosso recipiente (gen. in metallo) usato per far bollire i liquidi sul fuoco.
[1] Inf. 21.56: Non altrimenti i cuoci a' lor vassalli / fanno attuffare in mezzo la caldaia / la carne con li uncin, perché non galli.