Commedia |
Par. 17.113 (:), 20.21 (:). |
Prima att.
Latinismo da
cacumen (LEI s.v., 9, 401.1), propr. ‘cima’, ‘sommità’, e già usato con rif. alla sommità di un monte sia in epoca classica sia in vari testi cronachistici e storiografici risalenti all’XI-XII secc. (cfr. ALIM). Nell’
Orosio volgarizzato di
Bono Giamboni (av. 1292) l’espressione «in cacumen montis» (II 9.6) corrisponde a «nela somità di sopra dal monte» (cfr.
Corpus CLaVo), il che conferma la rarità del sost., usato da Dante sia in quest’ultimo signif. (
Par. 17.113) sia in senso estens. per indicare la sorgente di un fiume (
Par. 20.21).
Cacume compare anche a
Purg. 4.26 come oronimo designante un monte del gruppo dei Lepini («Vassi in Sanleo e discendesi in Noli, / montasi su in Bismantova e ’n Cacume...)»: per la disputa intorno all’interpretazione di questa occ. che altri, a differenza di Petrocchi, intendono come nome comune, cfr. Petrocchi,
ad l.; ED s.v.
Cacume. Il sost., anche nella forma
caccume, risulta abbastanza acclimatato nella tradizione trecentesca (cfr. TLIO s.v.
cacume,
Corpus OVI), con att. che vanno da Guido da Pisa alla
Metaura, da Boccaccio a Sacchetti (evidente, in questi ultimi, il riecheggiamento dei versi danteschi: cfr. Viel,
«Quella materia ond’io son fatto scriba», p. 215).
Autore: Paolo Rondinelli.
Data redazione: 04.02.2021.
Data ultima revisione: 23.03.2021.