Vocabolario Dantesco
cacciatore s.m.
Commedia 1 (1 Purg.).
Altre opere1 (1 Rime).
Commedia cacciator Purg. 14.59.
Altre opere cacciatori Rime 44.1.
Da cacciare (vd.). Il termine è doc. nell'onomastica mediolat. già dalla metà del sec. XII (vd. LEI s.v. *captiare, s.v., 11, 839.18); sul finire dello stesso sec. si registrano anche le prime att. volg. (vd. TLIO s.v. cacciatore). Nel poema il sost. occorre un'unica volta, in un contesto fig., con rif. a Fulcieri da Calboli, nominato podestà di Firenze nel 1303 e macchiatosi di inaudite crudeltà ai danni dei cittadini – detti «lupi» (v. 59) – e, in partic., dei Bianchi. L'immagine del cacciatore e delle sue prede s'inserisce qui con coerenza nella più ampia rappresentazione bestiale tratteggiata da Guido del Duca: cfr. anche quanto detto s.vv. botolo, galla, porco, volpe. Il termine è poi impiegato, con valore propr., nelle Rime: «Sonar bracchetti e cacciatori aizzare, / lepri levare ed isgridar le genti, / e di guinzagli uscir veltri correnti...» (ivi, 1-3).
Autore: Barbara Fanini.
Data redazione: 25.10.2021.
Data ultima revisione: 18.12.2021.
1 Chi pratica la caccia. [In contesto fig.:] feroce persecutore.
[1] Purg. 14.59: Io veggio tuo nepote che diventa / cacciator di quei lupi in su la riva / del fiero fiume, e tutti li sgomenta.