Vocabolario Dantesco
burrato s.m.
Commedia 2 (2 Inf.).
Commedia burrato Inf. 12.10, 16.114 (:).
Inf. 12.10: barato Rb, baratto Ham.
Prima att. Derivato di borro (att. nelle Rime di Dante: cfr. ED e TLIO s.v.), a sua volta da una radice preromanza *bor(r)-/*bur(r)- 'corpo di forma tondeggiante o cavo' (LEI s.v., 6.1097.31, 1118.20-28 e 1178.35-42), il vocabolo, tolti alcuni commentatori danteschi, presenta una doc. fior. (cfr. TLIO s.v. burrato). A Inf. 12.10, in cui il burrato corrisponde all'«alta ripa» di Inf. 11.1 (vd. ripa) e divide il sesto cerchio dal settimo, significativa è la chiosa di Boccaccio («"burrati" spesse volte si chiaman fra noi [[fiorentini]] questi trarupi de' luoghi alpigini e salvatichi»), utile per la definizione qui proposta. Questa pare adatta anche per Inf. 16.114, in cui «quell'alto burrato» non è che uno dei modi di nominare la «ripa discoscesa» di Inf. 16.103 (vd. ancora ripa), successivamente chiamata «stagliata rocca» (Inf. 17.134), «cerchia» (Inf. 18.3), «roccia» (Inf. 18.16) ecc.; essa, infatti, divide il settimo cerchio dall'ottavo tramite un alto strapiombo (in cui il Flegetonte forma una cascata), che Dante e Virgilio superano grazie a Gerione. Tuttavia molti commentatori, a Inf. 16.114, sembrano spiegare burrato in maniera parzialmente o totalmente diversa: Pietro Alighieri (red. II: «Dicitur 'burratus' Florentie quilibet profundus et concavus locus recipiens aquam a quibuscumque rupibus altis cadentem»), che comunque attesta la fiorentinità della parola; Boccaccio («fiume»); Benvenuto da Imola («fossum obscurum et burum»). Sulla loro interpretazione potrebbero aver influito più elementi, anche di interesse linguistico: la presenza, nella scena dantesca, della cascata del Flegetonte; un'antica interpretazione del passo, per cui Gerione trasporterebbe a nuoto sul Flegetonte Dante e Virgilio (essa è anche nella rubrica di Inf. 17, pubblicata in Petrocchi); il fatto che in fior. burrato (e borrato) potesse avere, così come borro (cfr. GDLI e TLIO s.v), anche il signif. di 'fossato' (cfr. Landino, Inf. 12.10: «burrato dicono e Fiorentini un fossato profondo quasi baratro»; e Inf. 16.114: «borrato, fossato»). Per l'antica interpretazione della scena di Gerione, vd. almeno Corrado, Il Gerione dantesco, pp. 429-433.
Varianti. Inf. 12.10, la trad. presenta alcune var. (barato e baratto) che Folena, Geografia linguistica, ha spiegato come adattamenti popolari di baratro «con dissimilazione progressiva e allineamento alla terminazione -atto, comunissima con valore diminutivo o peggiorativo nel settentrione» (p. 44). Alla doc. fornita dall'apparato Petrocchi, si possono aggiungere almeno il testo dantesco cit. da Iacomo della Lana («baratro [[così nell'ed., ma Rb ha barato]]. Çoè logo buro over scuro»), quello cit. da Boccaccio nel suo Accessus («Cotal di quel baratro era la scesa»; nel corpo del commento tuttavia Boccaccio glossa la parola burrato: cfr. supra) e quello cit. da Filippo Villani («Cotale di quel baratro era la scesa - licet alia lictera dicat "burrato"»).
Autore: Cristiano Lorenzi Biondi.
Data redazione: 06.11.2019.
Data ultima revisione: 20.12.2019.
1 Conformazione rocciosa caratterizzata da un bordo che, tramite un ripido pendio, scoscende bruscamente verso un fondo.
[1] Inf. 12.10: Qual è quella ruina che nel fianco / di qua da Trento l'Adice percosse, / o per tremoto o per sostegno manco, / che da cima del monte, onde si mosse, / al piano è sì la roccia discoscesa, / ch'alcuna via darebbe a chi su fosse: / cotal di quel burrato era la scesa... ||  Var.: barato Rb, baratto Ham.
[2] Inf. 16.114: Ond' ei si volse inver' lo destro lato, / e alquanto di lunge da la sponda / la [[scil. la corda]] gittò giuso in quell'alto burrato.