Vocabolario Dantesco
zeba s.f.
Commedia 1 (1 Inf.).
Commedia zebe Inf. 32.15 (:).
Vocabolari: Crusca in rete, ED.
Prima att. Voce di etimo incerto per la quale Rohlfs propone una connessione con il germ. *tsiba (vd. Rohlfs, Über Hacken, p. 673). Iacomo della Lana glossa il vocabolo zebe, nella forma cebe (ipercorrettismo secondo Volpi, Per manifestare, p. 110, § 2.2.12), riferendo che si tratta de «li cavrici saltanti, et èno ditti cebe, perché vano cenbalando, çoè saltando» (ad l.). La forma cebe è dunque messa dal commentatore in relazione col verbo cembalare. Nell'Expositione di Maramauro, invece, le zebe sono 'capre selvagge' («zebe, idest capre salvage, però che essi sono dampnati in questo loco che 'l parlare ne è duro», ad l.). La voce rimane rarissima anche in seguito: si rileva un'att. in Sacchetti («La zeba tu cavalchi, e' pur mal trotta, / colleppolando indarno; della Nente / non t'averrà com'a Tristan d'Isotta, / se Nencio ciò o lla Boba non mente...», Pataffio, cap. 8.94, p. 39; cfr. Corpus OVI).
Autore: Veronica Ricotta.
Data redazione: 27.09.2018.
Data ultima revisione: 11.01.2021.
1 [Zool.] Lo stesso che capra.
[1] Inf. 32.15: Oh sovra tutte mal creata plebe / che stai nel loco onde parlare è duro, / mei foste state qui pecore o zebe