Vocabolario Dantesco
avello s.m.
Commedia 2 (2 Inf.).
Commedia avelli Inf. 9.118; avello Inf. 11.7.
Dal lat. labellum 'vaschetta', con normale passaggio di -b- a -v- e con discrezione dell'art. per reinterpretazione della l- iniziale (Nocentini s.v. avello; per i fenomeni fonetici, cfr. Rohlfs, §§ 215 e 342). Il vocabolo, diffuso anche in testi pratici e documentari, non è mai att. fuori dall'area tosc., fatti salvi alcuni commentatori danteschi (cfr. Corpus OVI); specificamente al volgare fior. rinvia Boccaccio, quando, in commento di Inf. 9.118, scrive: «ché tra gli avelli, cioè tra le sepolture le quali quivi erano, chiamate in fiorentin volgare avelli». Il signif. di avello sembra derivare da alcuni signif. che labellumlavellum avevano assunto già in mediolat., cioè 'sepolcro, tumulo', 'loculo, arca sepolcrale' o 'sarcofago' (cfr. Du Cange s.vv. labellum 1 e lavellum 1; Muratori, Antiquitates, II, coll. 1138-39; e Niermeyer s.v labellum 2). Dai volgarizzamenti emerge che avello sia il traducente di molte parole lat. indicanti sia una tomba in genere sia tipi specifici di sepoltura (bustum, mausoleum, monumentum, sepulchrum, tumulus ecc.: cfr. Corpus DiVo); inoltre, Boccaccio (cit.) ritiene che il vocabolo derivi dal lat. «"evello evellis", per ciò che la terra s'evelle del luogo dove l'uom vuole sepellire alcuno corpo morto», lasciando dunque intendere che un avello possa essere anche una tomba costituita da una semplice fossa scavata nel terreno (per un'affermazione simile, vd. anche Anonimo Fiorentino, a Inf. 9.130-131; cfr. anche Branca, Decameron, commento a VIII, 9, 81). Anche Francesco da Buti, nel commentare le «tombe terragne» di Purg. 12.17 (vd. tomba), utilizza avello nel generico signif. di 'tomba'. Dunque il vocabolo in tosc. antico poteva indicare un qualsiasi tipo di sepoltura (dello stesso parere Barbi, Problemi, II, p. 117 nota 2). Tuttavia, in parte della doc. due-/ trecentesca (cfr., per es., Stat. fior., 1280-98, pp. 56, 59-60, o Boccaccio, Decameron, III, 8, pp. 238 e 241, e VIII, 9, pp. 568-70), esso è utilizzato anche per indicare specificamente una tomba costituita da un sarcofago di pietra (dotato dunque di coperchio), ornato e/o rialzato da terra; così accade anche nella Commedia, dove identifica sempre i sarcofagi degli eretici (vd. anche arca), i quali, come si evince dall'avello di papa Anastasio (cfr. Inf. 11.7-9), possono anche essere dotati di iscrizioni. Alcuni commentatori moderni si soffermano sul signif. esatto di «tra li avelli» di Inf. 9.118: come annota Chiavacci Leonardi (sulla base di Poletto), tra potrebbe stare per intra 'dentro' (ciò troverebbe riscontro nella lez. di Parm chentragli avelli, commentata da Petrocchi, ad l.); in tal caso, le «fiamme» sarebbero 'dentro i sarcofagi'. Oppure le fiamme sarebbero 'tra un sarcofago e l'altro', ma comunque a ridosso di essi, così da arroventarli (e così da permettere a Dante e Virgilio di poter camminare tra le arche senza bruciarsi). Porena, invece, partendo dall'ipotesi che gli avelli degli eretici siano dei sarcofagi sollevati da terra (si veda la sua nota finale a Inf. 10), attribuisce alla prep. tra un «senso distributivo» e sostiene che le fiamme siano, per l'appunto, 'distribuite per (e sotto) ciascun sarcofago' (un valore simile di tra, in cooccorrenza con il verbo partire, è riscontrabile anche a Inf. 14.80).
Autore: Cristiano Lorenzi Biondi.
Data redazione: 26.06.2020.
Data ultima revisione: 21.07.2020.
1 Tomba costituita da un sarcofago di pietra (dotato di iscrizioni).
[1] Inf. 9.118: ché tra li avelli fiamme erano sparte, / per le quali eran sì del tutto accesi, / che ferro più non chiede verun' arte.
[2] Inf. 11.7: e quivi, per l'orribile soperchio / del puzzo che 'l profondo abisso gitta, / ci raccostammo, in dietro, ad un coperchio / d'un grand' avello, ov' io vidi una scritta / che dicea: 'Anastasio papa guardo, / lo qual trasse Fotin de la via dritta'.