Il signif. maggiormente att. nella
Commedia è quello di 'parte esterna del corpo corrispondente alla cavità che contiene l'apparato digerente' (signif.
1), ricorrente spesso entro la descrizione di personaggi dell'
Inferno: ad es. è largo il ventre di Cerbero, custode del cerchio dei golosi (cfr. anche ED s.v.
Cerbero), e grande è il ventre delle Arpie (già in Verg.,
Aen., III, vv. 216-217). La particolare pregnanza del sost. nell'occ. di
Inf. 20.46 risiede nell'accostamento al verbo
attergare (vd.): nella rappresentazione della fila degli indovini, infatti, i dannati procedono all'indietro, con il volto girato verso le reni («ché da le reni era tornato 'l volto / e in dietro venir li convenia», vv. 13-14), per cui Aronta, avanzando, indietreggia seguendo con le spalle il ventre di Tiresia
. Ventre ricorre poi in contesto fig. a
Purg. 32.45, nelle parole di Adamo: dopo aver mangiato dall'albero della scienza del bene e del male, il ventre si contorce per il dolore, poiché si torce al male («cioè poi che chi n'assaggia torce l'appetito suo al male», spiega già
Francesco da Buti,
ad l.). Per il signif.
1.1, rel. al
ventre della «dolce serena» di
Purg. 19.32, è utile ricordare, con Rebuffat,
Nell'ora più fredda, pp. 307-308 (cui si rimanda anche per la bibliografia
ivi citata) il rif. al
ventre come «ricettacolo dell’immondo e del maligno»: infatti, se alcuni commentatori hanno chiosato diversamente l'occ. interpretando
ventre come 'vulva' (Inglese,
ad l., che riprende Sermonti; per la rappresentazione oscena della sozzura morale della donna tramite il fetore della vulva cfr. almeno
No riconoscereste voi l'Acerbo di Rustico Filippi, in Marrani,
I sonetti di Rustico Filippi, pp. 135-136), la lettura ofidica di Rebuffat consente di ricollegare l'immagine dantesca allo scritturale «supra pectus et ventrem tuum gradieris» e alla tradizione che ne deriva, e di identificare nel ventre della sirena quello del serpente diabolico, sede di lordura e peccato. Il «puzzo» che ne fuoriesce a seguito del gesto di Virgilio (anche «apria» del v. 30 è variamente interpretato, vd.
aprire) ne è conferma, poiché nella tradizione agiografica il demonio è spesso smascherato proprio dall’insopportabile fetore che emana. Infine,
ventre, che già nelle due occ. di Conv. 4.28.17 indica il grembo materno, è rif. al ventre della Vergine (signif.
2) nelle due occ. del
Paradiso. Il sost. assume poi il signif. di 'parte più interna, profondità' a
Conv. 1.2.7 («È loda nella punta delle parole, è vituperio chi cerca loro nel ventre») e indica in partic. le profondità della terra a
Rime 9.54. Complessivamente, le occ. dantesche rientrano nell'uso del Due e del Trecento (vd. TLIO s.v.
ventre).
Autore: Chiara Murru.
Data redazione: 29.07.2019.
Data ultima revisione: 11.01.2021.