Dal lat. volg.
*testulum, dimin. di
testum 'coperchio, vaso di terracotta' (DELI 2 s.v.
teschio). Il termine, già doc. come antrop. fior. nel 1116 (cfr. GDT s.v.
teschio), risulta impiegato nell'
Almansore volg. e nei
Fatti dei Romani, entrambi di area fior. e collocabili entro il primo quarto del sec. XIV. Nel primo testo, in partic.,
teschio è introdotto in un inciso che glossa il raro cultismo
cranio («E perciò fece Idio sotto il craneo, cioè sotto 'l teschio del capo, forame per lo quale elli trasse e produsse parte del cerebro» ivi, L. I, cap. 1, p. 27; cfr.
Corpus OVI). Il primato delle occ. infernali dantesche è pertanto dubbio; del resto, l'origine schiettamente pop. della forma e l'uso precoce come antrop. lasciano supporre una diffusione di
teschio – almeno in area tosc. – ampiamente anteriore al poema. Sul piano semantico, il sost. è impiegato da Dante sempre in senso propr. e con rif. al bestiale pasto di Ugolino. A
Inf. 32.132, con la precisione e il realismo anatomico che contraddistinguono anche i versi precedenti (vd.
cervello,
nuca),
teschio «definisce evidentemente la parte ossea del cranio, in contrapposizione con l'altre cose, che sono il cervello, la carne e i capelli» (Mariani, in
ED s.v.). Fra gli esegeti prevalgono le glosse dei non tosc.; così, per es., Benvenuto da Imola: «il teschio, idest craneum capitis, e l'altre cose, scilicet cerebrella» (
ad l.).
Autore: Barbara Fanini.
Data redazione: 21.07.2020.
Data ultima revisione: 31.07.2020.