Formazione denominale da
cuore (vd.). Il verbo risulta abbondantemente utilizzato nei testi delle Origini (cfr. TLIO
s.vv. accorare e
accorato): oltre che in senso fig. (nettamente maggioritario, in partic. nella lirica amorosa), anche in quello letterale di 'uccidere trapassando il cuore' (cfr.
Corpus OVI, ad. es. Jacopone [ed. Ageno] 88.3, Giordano da Pisa,
Aventuale fiorentino 20, Laudario dei Battuti di Modena 36.47), che sopravvive in it. moderno come tecnicismo rurale (cfr. GDLI ss. vv.
accorare,
accoratoio e Contini,
Un nodo, p. 264, dove si suggerisce un’interpretazione non estranea al senso propr. anche per
Inf. 13.84). È possibile pertanto che la qualifica di prov. attribuita da Cella (
I gallicismi, p. 307, e lo stesso DELI s.v., «prob. sul modello del provz.
acorar») sia da limitare all’utilizzo topico dell’immagine, più che all’etimo del vocabolo (vd. anche la glossa di Francesco da Buti a
Inf. 13.84: «
m’accora; cioè mi trafigge il cuore». Dotato di forte carica espressiva, il verbo nella
Commedia è comunque interpretabile con il signif. di 'far soffrire il cuore' (signif.
1): in partic., in entrambe le due occ. dell'
Inferno assume il signif. individuato da Boccaccio nella chiosa a
Inf. 13.84 nel senso di «mi preme il cuore» (
ad l.), che accentua fortemente il sentimento di pietà che domina nel cuore di Dante al cospetto di Pier delle Vigne. Nelle due occ. di
Fiore è att. con lo stesso signif., che tuttavia è privato del tormento e indica una sofferenza più generica (cfr. ED s.v.
accorare). Da scartare è l'interpretazione di Francesco da Buti, che per l'occ. di
Inf. 15.82 e di
Purg. 5.57 chiosa con «mi conforta» (
ad l.). Da notare infine che in
Purg. 30.60
accorare è var. di
incorare (vd.) avallata dal codice Laur.
Autore: Elena Felicani.
Data redazione: 20.04.2021.
Data ultima revisione: 22.12.2021.