Vocabolario Dantesco
astore s.m.
Commedia 1 (1 Purg.).
Commedia astor Purg. 8.104.
Dal prov. austor o dal fr. ostor, forme riconducibili al lat. acceptor (LEI s.v. 1, 270.49; Cella, I gallicismi, p. 327), prob. incrociatosi con avis (Castellani, Gramm. stor., pp. 111-112). Nella trattatistica mediolat. l'esito con au- protonico è doc., per es., nel De arte venandi cum avibus di Federico II (vd. LEI s.v., 1, 273.19 e ssg.), mentre nei testi volg. si rileva una forma aostor già in Uguccione da Lodi (inizi sec. XIII, crem.; vd. TLIO s.v. astore). Nel poema sono detti «astor celestïali» gli angeli che, rapidissimi, mettono in fuga «la mala striscia» (v. 100), ossia il serpente appena apparso al pellegrino, emblema del demonio tentatore. Per la scelta dello specifico rapace nell'immagine dantesca, cfr. ED s.v. astore.
Autore: Barbara Fanini.
Data redazione: 18.11.2020.
Data ultima revisione: 11.01.2021.
1 [Zool.] Uccello da rapina della famiglia degli Accipitridi, addestrabile per la caccia. Astore celestiale: angelo (fig.).
[1] Purg. 8.104: Tra l'erba e ' fior venìa la mala striscia, / volgendo ad ora ad or la testa, e 'l dosso / leccando come bestia che si liscia. / Io non vidi, e però dicer non posso, / come mosser li astor celestïali; / ma vidi bene e l'uno e l'altro mosso.