Il verbo, che ha il signif. propr. di 'privare delle foglie o dei petali', è att. nella
Commedia esclusivamente a
Purg. 23.58, dove indica la pena che soffrono, per contrappasso, le anime dei golosi, che si consumano e s'assottigliano sempre più («e tanto scema / che da l'ossa la pelle s'informava», si spiega ai vv. 23-24). Alcuni commentatori rilevano l'allusione del verbo alla pelle che si squama: ad es. Chiavacci Leonardi (
ad l.) spiega che «il verbo, già usato da altri rimatori del '200 per 'consumare, struggere', acquista qui, nel rapporto con la squama e la scabbia, una diversa specifica concretezza» (già Sapegno,
ad l., nota la precisa allusione alla pelle che si disquama come per la scabbia, ma anche all'estrema magrezza, come di alberi spogli). L'immagine, molto forte, della fame e della sete che logorano le anime dei golosi consumandole con un tormento incessante, è poi richiamata dal verbo
piluccare (vd.) di
Purg. 24.39. Nella tradiz., Urb La Lau Lo Ricc e Tz leggono
spoglia, variante così commentata da Petrocchi (
ad l.): «quanto di facile formazione tanto scadente rispetto a
sfoglia, riferibile direttamente alla trista
squama [v. 39] e all'asciutta
scabbia [v. 49], mentre
spoglia dovrebbe supporre un'immagine di 'alberi spogli', o di 'corpo che si spoglia' delle sue fattezze»
.
Autore: Chiara Murru.
Data redazione: 02.10.2019.
Data ultima revisione: 11.01.2021.