Vocabolario Dantesco
scana s.f.
Commedia 1 (1 Inf.).
Commedia scane Inf. 33.35 (:).
Prima att. Etimo di difficile individuazione, forse dall'incrocio di canino e sanna (stando al DEI, s.v. scana), oppure di sanna e scannare (come ipotizza Inglese, ad l.), ma cfr. anche Viel, «Quella materia ond'io son fatto scriba», il quale aggiunge che «si tratterà comunque, anche data l'unanimità dei testimoni, d'un vocabolo ben diffuso nel parlato del tempo di Dante» (p. 150). Il sost. scana risulta poi scarsamente att. nel Trecento (cfr. TLIO s.v. scana). L'unica occ. nella Commedia è a Inf. 33.35, dove è rif. alle «cagne magre, studiose e conte» che popolano il «mal sonno» del conte Ugolino e che rappresentano il popolo aizzato contro di lui dall'arcivescovo Ruggieri: le scane sono i denti aguzzi con cui il cane afferra la preda, come chiosa tra gli altri Francesco da Buti (ad l.): «scane sono li denti pungenti del cane, ch'elli à da ogni lato coi quali elli afferra». I commentatori sono concordi nell'interpretazione del vocabolo, ad eccezione dell'Anonimo fiorentino, unico che glossa erroneamente «ciò è colle schiene aguzze et assottigliate per la fame». Nella tradizione, scane vede come var. tarda, «di certo erronea» (Petrocchi, ad l.) sane, plur. di sanna (vd.).
 
Autore: Chiara Murru.
Data redazione: 18.10.2021.
Data ultima revisione: 28.02.2022.
1 Dente canino (di un animale).
[1] Inf. 33.35: Con cagne magre, studïose e conte / Gualandi con Sismondi e con Lanfranchi / s'avea messi dinanzi da la fronte. / In picciol corso mi parieno stanchi / lo padre e ' figli, e con l'agute scane / mi parea lor veder fender li fianchi.