Gallicismo dal fr. antico
ribaut ‘soldato di bassa condizione, uomo depravato e dissoluto’, a sua volta di origine germ. (cfr. a. a. ted.
riban ‘essere in calore’ e
riba ‘donna di malaffare’: Nocentini e DELI 2, s.v.
ribaldo; Viel,
Gallicismi, p. 252). Già att. nel lat. mediev. anche come antrop. (cfr. Larson, p. 532), il termine passa al volg. fin dal sec. XIII (cfr. TLIO, s.v.
ribaldo), mantenendo una connotazione neg. ora rif. all’ambito militare, ora generic. intesa (‘uomo di bassa condizione, che vive di espedienti, furfante’). Nell’unica att. della
Commedia, è epiteto che il barattiere Ciampolo di Navarra attribuisce al padre che, com’è storicamente appurato da Barbi, condusse una vita dissipata, dedita al gioco e alle gozzoviglie (cfr. ED, s.v.
ribaldo). Gli antichi commentatori non hanno difficoltà nella comprensione e confermano l’interpretazione proposta, sia attraverso l’uso libero del termine in altro contesto (si veda Benvenuto da Imola che definisce
ribaldus il beone Biondello nel commento a
Inf. 8.41-42) sia attraverso la falsa etimologia addotta dal
Buti ad l. («
ribaldo, tanto è a dire, quanto
rio baldo; cioè 'ardito', 'rio uomo', e non si dee intendere però che fosse nato, se non legittimamente: però che delle grandi donne alcuna volta si maritano ai tristi uomini»). Nel
Fiore, alle tre occ. di
ribaldo, mutuate dal testo della
Rose e interpretate anch’esse nel senso di ‘mascalzone’, si aggiunge il derivato
ribalderia ‘gozzoviglie’ 193.8 (corrispondente a
ribauderie nel testo fr.), ma usato anche nel senso di ‘maldicenza, voce infamante’ 48.14. Per le att. del
Fiore, cfr. Formisano,
ad l. e p. 139.
Autore: Paola Manni.
Data redazione: 03.05.2022.
Data ultima revisione: 06.05.2022.