Commedia |
pupilla Par. 2.144, 20.37 (:); pupille Par. 3.15 (:). |
Altre opere |
pupilla Conv. 2.9.4, 2.9.5, 3.9.8, 3.9.8, 3.9.9, 3.9.9, 3.9.13, 4.27.5; pupille Conv. 2.4.17.
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Dal lat.
pupilla (DELI 2 s.v.
pupilla). Il sost. nella
Commedia occorre esclusivamente nella terza cantica, in relaz. con la tematica paradisiaca della
luce (vd.). In
Par. 2.144, in un verso ritenuto fra i «più belli e significativi di tutta la cosmologia dantesca» (Chiavacci Leonardi,
ad l.), il brillare della pupilla umana si esalta nel riecheggiare in similitudine la
letizia (vd.) della luce divina. In
Par. 20.37 la pupilla cui si fa rif. è quella dell'occhio dell'aquila composta dagli spiriti giusti del cielo di Giove («quelli onde l'occhio in testa mi scintilla», v. 35).
Pupilla ha il signif. estens. di 'percezione degli stimoli visivi', 'vista' a
Par. 3.15. Il termine ricorre nel
Convivio col suo signif. anat.: in partic., a
Conv. 3.9.13 si fa rif. alla «tunica della pupilla», che a
Par. 26.72 è chiamata
gonna (vd.) (su questo aspetto cfr. anche Lippi,
Dante tra Ipocràte e Galieno, p. 117-123 e pp. 159-160).
Autore: Chiara Murru.
Data redazione: 07.01.2022.
Data ultima revisione: 06.05.2022.