Commedia |
4 (2 Purg., 2 Par.). |
Commedia |
moderna Par. 16.33; moderni Par. 21.131; moderno Purg. 16.42, 26.113 (:). |
Altre opere |
moderni Conv. 4.15.3.
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Prima att. come sost. in Conv. 4.15.3 (dove significa 'coloro che vivono e operano nel tempo presente'). Dal lat. tardo modernum, derivato di modo 'or ora' (DELI 2 s.v. moderno; cfr. TLL s.v., 8, 1211.50). L'agg. ricorre in quattro luoghi del poema: in Purg. 16.42 l'espressione fuori del moderno uso significa alla lettera 'in modo completamente inusitato al giorno d'oggi', con allusione al viaggio ultraterreno che Dante compie ancora in vita (straordinarietà eccezionale, concessa in passato a Enea e a san Paolo, Inf. 2.31-33). «Ma il senso letterale dell'espressione non inganna i primi commentatori, i quali memori di come in Purg. 26.113 l’uso moderno indichi uno stile poetico, chiosano: «Quasi a dire: ancoi [oggi] non è chi poetízi [poetizzi] sí com’io» (Bellomo-Carrai ad l. e Nota conclusiva). L'accostamento al sost. uso ritorna (come appena detto) in Purg. 26.113, con rif. alla nuova poesia in volgare. Frosini, Il volgare, p. 526, spiega che «il riferimento si applica dunque alla nuova poesia generata dal padre e maestro [scil. Guinizzelli], e giunta ai poetae novi, alla nuova età di Cavalcanti e Dante». Quasi tutti i commentatori interpretano uso moderno come 'poesia in volgare'. Pochi vi vedono un'allusione allo Stilnovo (Benvenuto da Imola, Vellutello), il che giustificherebbe peraltro la qualifica di antichi (v. 124) rif. ai contemporanei di Guittone (insostenibile a rigore cronologico, considerato che Guittone muore quasi vent’anni dopo Guinizzelli, il primo nel 1294, il secondo nel 1276. Quindi la contrapposizione riguarderà esclusivamente la maniera poetica, non l’anagrafe; si vd. PSs III, p. XLI). «Non resta che pensare che i due agg. non siano in stretta correlazione, ma l'uno [scil. moderno] si riferisca alla lingua e l'altro [scil. antichi] allo stile, almeno letteralmente, mentre esprimono un giudizio rispettivamente positivo […] e negativo […]» (Bellomo-Carrai, ad l. e Nota conclusiva; e vd. anche Inglese, ad l.) In De vulg. 2.5.2: «predecessores nostri diversis carminibus usi sunt in cantionibus, quod et moderni faciunt», senza contrapposizione su questo punto. In Par. 16.32 moderna favella vale 'linguaggio presente', il fiorentino di Dante, a intendere che la lingua dell'avo Cacciaguida non è quella corrente, ma si riconduce al linguaggio arcaico del secolo precedente: l'uso dantesco di tale espressione richiama la variazione del sistema linguistico fiorentino (cfr. Frosini, ivi, pp. 523-524, cui si rimanda per ulteriori approfondimenti). Una parte dell'esegesi (da Daniello a Mestica) riconosce nell'antica lingua di Cacciaguida il latino, un'altra (Serravalle, Vellutello) quella angelica e non mortale. Infine l'agg. ricorre a Par. 21.131 nell'invettiva di Pier Damiani contro l'avidità degli ecclesiastici coevi.
Autore: Francesca De Cianni.
Data redazione: 01.02.2019.
Data ultima revisione: 11.12.2021.