Dal lat.
mantica 'bisaccia' (DELI 2 s.v.
mantice; cfr. anche TLL s.v.
mantica, 8, 333.14). Il termine è att. in volg. dalla fine del sec. XIII, sia in contesti tecnico-pratici, sia nell'ambito di paragoni volti a illustrare proprio il funzionamento fisiologico del polmone (per es., in Restoro d'Arezzo: «passando l'aere per la canna del polmone e venendo fore, se chiudi la bocca e mandilo fore constretto, come el mantaco, stando caldo, per la constrizione deventa freddo...» Id.,
La composizione del mondo colle sue cascioni, L. II, dist. 8, cap. 23, p. 249; vd. TLIO s.v.
mantice). Nel poema il sost. ricorre un'unica volta, nella forma assimilata
mantaco, normale nel fior. antico (vd.
TLIO s.v.), con rif. al polmone dell'essere umano che, gonfio d'invidia, emette continui sospiri. Per un'immagine simile, connessa tuttavia alla superbia, cfr. già Guittone: «Cierto non è ben presto a portare grave pondo di grande ingiuria, chi viene meno nel parvo e tiello grande, cui mantachi di superbia infiati troppo soffian forte e fanno foco ardente d'ira per leggier mesfatto...» Id.,
Lettere in prosa, 19, p. 245). Nel Dante lat. i polmoni sono detti «pectoreos folles» 'mantici del petto' in
Eg. 4.35 («O nimium iuvenis, que te nova causa coegit / pectoreos cursu rapido sic angere folles?»). Infine, nel
Fiore è att. l'uso del verbo
mantacare: «Né sì non dé parer lor già affanno / Di voler ben a modo mantacare, / C[h]'amendue insieme deg[g]ian afinare / Lor dilettanza; e dimorasse un anno!» ivi, 187.6 (cfr.
Roman de la Rose, vv. 14302-14303: «De nagier ne deivent cessier / Jusqu'il preignent ensemble port»; vd.
TLIO s.v.).
Autore: Barbara Fanini.
Data redazione: 31.10.2021.
Data ultima revisione: 18.12.2021.